Il concetto di uomo come microcosmo, che racchiude in sé l'universo intero, è antichissimo; ogni segno del nostro corpo, innato o acquisito, è stato interpretato come una mappa cosmica: le linee incise sulle mani e sui piedi, i nei, le macchie sulla pelle, la forma del viso, il colore e il taglio degli occhi, le rughe, il tipo di naso, l'attaccatura dei capelli, tutto può rivelare la personalità di ognuno di noi e ciò che il futuro ci riserva. Ne abbiamo reperti archeologici già nel 2000 a.C., in luoghi molto lontani tra loro come l'Egitto e la Cina, con le prime immagini che si conoscano delle caratteristiche del volto in relazione al destino.
Nel Sepher ha-Zohar (Il libro dello Splendore), uno dei più noti testi cabalistici, si legge: Tutto avviene quaggiù come lassù… nel firmamento che avvolge l'Universo vediamo molte figure formate dalle stelle e dai pianeti, che rivelano fatti occulti e profondi misteri. Nello stesso modo sulla nostra pelle, che racchiude l'essere umano, esistono forme e tratti che sono le stelle dei nostri corpi.
Secondo la mistica Ildegarda di Bingen (1098-1179) l'uomo rispecchiava l'amore divino e l'armonia del creato nella sua anatomia, dove il Sole rivolgeva i suoi raggi verso la testa e la Luna verso i piedi. Lo studioso Gregorius von Welling (1652-1727) nella sua Opus mago-cabalisticum sosteneva che l'uomo era stato creato l'ultimo giorno perché doveva essere il capolavoro divino e in ogni porzione del suo corpo coesistevano luce e tenebre, spirito e materia, elementi celesti e frammenti viventi di Dio stesso. La mano e il piede sono sempre stati giudicati insostituibili nell'anatomia umana per le loro importantissime funzioni.
Però se la mano, che Aristotele definì «il principale organo e strumento del corpo umano», fu sempre considerata da tutti una parte nobile, il piede non ricevette pari attenzione e stima; anzi, l'immagine dell'uomo di Robert Fludd (1574-1637) in Utriusque Cosmi relegava i piedi, per la loro estrema lontananza dalla divina testa, in diretta comunicazione con Dio, nella «notte microcosmica».
Invece secondo la dottrina delle segnature di Paracelso (1493-1541) la mano e il piede rappresentavano in piccolo tutto il mondo e le Linee che vi erano incise avevano le loro radici nei sette Pianeti.
Cornelio Agrippa (1486-1536), uno dei più famosi maghi rinascimentali, sosteneva addirittura che gli Antichi si erano basati sul modello del corpo umano per costruire i templi, perché non esisteva simmetria più perfetta e sublime di quella ideata da Dio per crearci; le falangi erano tanto armoniose nelle loro proporzioni da poter essere messe in relazione con gli intervalli musicali.
Nel suo De Occulta Philosophia mostrò le proporzioni del corpo umano, attribuendo a ciascun tratto, piedi compresi, un numero occulto che ne rivelava la presenza divina: Poiché l'eterno artefice del mondo, che ha disposto che lo spirito entri nel corpo come nella sua casa, ha voluto preparargli una dimora degna, elargendo a questo nobilissimo spirito un corpo ben fatto.
Le testimonianze sulla podomanzia (dal greco pous, podòs, piede, e manteia, mantica, divinazione), cioè la lettura del piede per individuare carattere e destino, ci dicono che era conosciuta in Mesopotamia già verso il 2500 a.C. I metodi di previsione in uso tra gli assiro-babilonesi si dividevano in soprannaturali e deduttivi. Nel primo caso c'erano i sogni ispirati e le visioni lucide: gli dèi comunicavano attraverso un intermediario, che di solito era un medico, un mago, un sacerdote o un nobile; il messaggio poteva essere chiarissimo o talmente oscuro che occorrevano appositi specialisti per decodificarlo e rendere palese la volontà divina, trovando rimedi nell'ipotesi che fosse stata prevista qualche catastrofe.
Nel secondo caso rientravano l'astrologia, la lettura della mano e del piede, la fisiognomica (analisi della forma di un viso), la teratomanzia (aspetti anomali di bambini e animali appena nati), il volo degli uccelli, l'esame delle interiora degli animali sacrificati e i sogni delle persone comuni: informazioni «cifrate» che gli dèi davano agli uomini, a disposizione di chiunque fosse in grado di leggerle. Su questo tipo di divinazione sono stati trovati più di trentamila oracoli, divisi in un centinaio di trattati.
La podomanzia veniva considerata un'arte molto complessa, strettamente collegata all'astrologia. Entrambe erano riservate alla famiglia reale e alla nobiltà più elevata; a ogni nascita si analizzavano accuratamente entrambi i piedi, le mani e il quadro astrale dei bambini: se erano maschi, per conoscere le loro future imprese, i successi, i punti di forza, le eventuali debolezze, la tempra morale, il coraggio, l'attitudine al comando; se femmine, per vedere se erano destinate a matrimoni che potessero avere importanza per la ragion di stato, oppure a dare alla luce bambini dalla sorte straordinaria, in positivo o in negativo.
Per esempio, un mago avvisò Enmekar, re di Uruk, che nelle stelle era scritto che sarebbe stato spodestato dal trono da suo nipote; onde evitare questo pericolo, quando la sua unica figlia giunse in età da marito il saggio padre la fece segregare in una torre, sorvegliata notte e giorno. Ma nulla possono le mura di una prigione contro il volere degli dèi: uno spirito, dio o demone che fosse, visitò la fanciulla e in seguito ella partorì un maschio, Gilgamesh. I guardiani, per evitare di essere puniti, gettarono il neonato dalla torre, ma un'aquila lo afferrò al volo e lo salvò, depositandolo a terra; raccolto dalle mani pietose di una coppia senza figli, il bimbo crebbe e, ormai adulto, sottrasse il trono al nonno, facendo compiere la profezia.
Dalla Mesopotamia la podomanzia si diffuse in alcuni paesi della costa del Mediterraneo (gli attuali Marocco, Siria, Libano e Turchia), in Arabia e in Persia, sempre come tradizione orale, trasmessa «da bocca a orecchio», senza mai essere codificata in un metodo organico e, soprattutto, senza mai essere messa per iscritto; in Europa, invece, arrivò soltanto molti secoli più tardi, nel 400. Nell'antico Egitto non abbiamo prove di analisi podomantiche, ma è noto che nella magia egizia il piede veniva considerato rappresentazione dell'intero individuo e per questo era protagonista di molti rituali.
Uno dei più comuni era la maledizione dell'orma: si raccoglieva un po' di terra calpestata dal nemico a piedi nudi, dove quindi egli aveva lasciato un po' di sé; la si metteva in un recipiente, mescolandola con incenso ed erbe malefiche secche, e si dava poi fuoco alla miscela recitando la formula: Distruggo col fuoco la tua impronta, che tu non possa più calcare questo suolo.
La vittima, raggiunta dal sortilegio, spirava in tempi molto rapidi, preda di una febbre altissima che la portava a un deperimento mortale.
In India e in Estremo Oriente la podomanzia è praticata da migliaia di anni, anche se differisce da paese a paese, in particolare nel tipo di classificazione della forma dei piedi e nelle caratteristiche attribuite ai Monti e alle Linee. In Cina la pianta del piede aveva tanta importanza che si raccontava che Yuˇ il Grande, fondatore della prima semi-mitica dinastia Hsia (2205-1197 a.C.), fosse stato concepito da una nobile fanciulla vergine che aveva camminato a piedi nudi sull'impronta del piede di un gigante, restandone incinta all'istante.
La cosa era stata resa possibile dal fatto che il piede, nella sua stessa forma, assomigliava a un feto, embrione del futuro individuo, quindi la pianta del piede era la sintesi della persona nella sua totalità: tutti i segni presenti sulla pianta erano perciò una mappa stellare che, se ben interpretata, avrebbe svelato ogni lato della personalità e gli eventi futuri.
In India i primi accenni alla podomanzia si fanno risalire ai più antichi testi vedici (XII secolo a.C.) e si mescolano a istruzioni magiche e all'interpretazione dei sogni. Nel Tibet alla lettura dei piedi veniva abbinata una tecnica di guarigione sciamanica, che agiva sui punti energetici del piede riequilibrandoli. In questi paesi si trovano antiche raffigurazioni della mano e del piede con i Monti e le Linee, dipinte (ce ne sono su tela, seta, legno e perfino su foglie) e incise (molte su lamine di metallo, alcune stupende e preziose su giada o avorio); si sono conservati perfino alcuni importanti testi di fisiognomica e di chiromanzia che risalgono al 500 d.C. in India, al 900 d.C. in Cina, ma quelli che trattano di podomanzia sono rarissimi. Anche oggi, mentre i manuali pratici di chiromanzia sono molto comuni, solo nella seconda metà del '900 ne sono stati pubblicati alcuni che spiegano i principi della podomanzia.
Attualmente in Europa ci sono due scuole: una, la più diffusa, che segue il metodo cosiddetto «cinese», come in Francia, Inghilterra, Olanda, Belgio, Germania, Ungheria; l'altra, molto meno frequente, che segue quello «indiano», come in Spagna e in Romania. Io preferisco questo, chiamato anche «gitano» perché basato sul presupposto che l'India sia la patria insieme dei gitani e della podomanzia, oltre che della più famosa chiromanzia.
Questi due metodi divinatori, infatti, furono introdotti in Europa proprio dagli zingari, nome che deriva dal greco athingànoi, che significa intoccabili, a testimonianza di quanto siano vecchi i pregiudizi nei loro confronti: una leggenda cristiana giustificava il loro girovagare continuo con il fatto che si erano rifiutati di accogliere la Sacra Famiglia durante la fuga in Egitto, e per questo la Madonna li punì costringendoli a cercare per l'eternità un paese da chiamare «casa», senza mai trovarlo.
Storici e filologi li fanno provenire dall'India Nordoccidentale, precisamente dagli odierni Punjab e Rajasthan, che essi avrebbero lasciato (secondo una tradizione molto amata) addirittura ai tempi di Alessandro Magno, oppure più sensatamente tra il 900 e il 1200 d.C., a causa di guerre civili, delle invasioni islamiche o di quelle dei mongoli; la loro lingua, chiamata romani, è molto simile all'indostano antico.
Essi si spostarono verso ovest; in parte si stabilirono nei paesi arabi, in Grecia e nei Balcani, moltissimi in Egitto e altri raggiunsero l'Europa Occidentale.
La presenza degli zingari è attestata a Parigi nel 1418, dove arrivarono con un lasciapassare che permetteva loro di girare per tutti i paesi della cristianità, guidati da un capo che aveva il titolo onorifico di «Re del Piccolo Egitto», motivo per cui venivano abitualmente chiamati egiziani. La vita nomade li spinse a diventare artigiani, calderai, suonatori e acrobati, piuttosto che contadini o commercianti; le donne per tradizione si dedicavano alla magia e alla lettura della «buona fortuna». A causa della minor facilità e immediatezza a disporre del piede piuttosto che della mano, in Occidente fu la chiromanzia ad avere più successo, mentre in India tra le due letture era (ed è ancora oggi) preferita quella del piede, considerata più veritiera e precisa: un proverbio dice che è possibile mentire con la bocca e con la mano, ma non con gli occhi e con i piedi.
Però bisogna osservare che mentre noi abbiamo un atteggiamento schizzinoso e un po' nevrotico nei confronti del corpo e dell'igiene personale, altri popoli non hanno problemi a leggere i piedi. Anzi, i gitani sostengono che i piedi debbano essere lavati una sola volta al giorno, perché stanno a contatto con l'aria e la terra (elementi della Natura che non sono considerati sporchi); quindi ci si lava per purificarsi, non per pulirsi, concetto che noi occidentali moderni, grandi consumatori di saponi, bagnoschiuma, polveri assorbi-sudore e deodoranti, nonché di disinfettanti per tessuti, oggetti, pavimenti e sanitari, troviamo inaccettabile.
Oggi in India, nel Tibet e in Cina la lettura del piede non è più molto diffusa: come tutte le antiche arti divinatorie, si va perdendo. Fino a trent'anni fa in Cina era talmente comune che si potevano trovare, oltre che apposite botteghe, anche semplici postazioni per strada, specie nei quartieri popolari, con sedie per i clienti simili a quelle dei lustrascarpe di una volta, con un indovino che forniva indicazioni sul destino e sulla salute; ed erano ancor più spartani i podomanti indiani: i loro clienti erano costretti ad accomodarsi su di un cuscino steso a terra.
Purtroppo ora è praticata sempre meno e tenuta viva soltanto dai più anziani, mentre i giovani la considerano un retaggio folkloristico da abbinare, solo come curiosità, alle conoscenze di medicina tradizionale. Da noi la podomanzia è poco conosciuta, in parte per una serie di sciocche remore igieniche e culturali, in parte per la mancanza di insegnanti: è un vero peccato perché, al di là del suo valore come mantica (comunque secondario rispetto alla conoscenza di se stessi), potrebbe ampliare gli orizzonti di tutti coloro che si occupano di terapie naturali, essendo collegata con la podologia e la riflessologia, con la medicina tradizionale cinese e l'ayurvedica, e perfino, come in Tibet, con forme di sciamanesimo.
Se ne avete l'occasione, fatevi un viaggio nel Sud della Francia, in Camargue: ogni anno alla fine di maggio vi si svolge la festa mondiale degli zingari, che si radunano a Saintes Maries de la Mer, dove c'è un'antica chiesa dedicata a Maria Giacobbe, Maria Salomè e Maria Maddalena. Nella cripta si trova la statua di santa Sara, la «vergine nera» loro protettrice, una gitana che salvò dal naufragio della loro nave le tre Marie che danno il nome al villaggio, aiutandole a raggiungere la riva prima che annegassero.
Per ricompensarla del suo coraggio, Sara fu battezzata e si offrì di servire le tre pie donne; dopo la loro morte visse aiutando tutte le persone povere, bisognose e malate che andavano da lei. Alla manifestazione troverete esperte Drabarni (da drab, erba, cioè erboriste), cartomanti, chiromanti e anche podomanti, soprattutto tra le donne meno giovani: se vi incuriosisce l'idea di un incontro con la magia e la divinazione dei «Figli del Vento», non avrete che l'imbarazzo della scelta.
Scritto da giorgio il 02/02/2022