Sboccia la storia - da 'I germogli nel piatto. 104 ricette per coltivare in casa e portare in tavola i germogli'

Non è facile stabilire quando i nostri antenati cominciarono a nutrirsi di germogli. Certo, ci volle poco a scoprire che i semi lasciati in un ambiente umido potevano germinare, e che non servivano soltanto a essere piantati in terra o a essere usati per fare la birra: già ai tempi dei sumeri si preparava una bisnonna di questa bevanda usando orzo germogliato.
Comunque le più antiche tracce dei nostri protagonisti ci portano in Oriente, ed esattamente in Cina.

Germogli orientali
Secondo un mito cinese, un giorno un saggio partì alla ricerca di un rimedio contro la morte. Giunse così in una città tra i monti dove fu accolto da ultracentenari che, scoprì, si nutrivano solo di germogli.
Fu così che il saggio portò con sé in Cina l'arte della loro produzione.
Dietro queste origini decisamente leggendarie ci sono realtà più concrete, cioè antichissimi impieghi  della medicina tradizionale cinese. In un testo classico, il Grande erbario (Pen Tsao), venivano raccomandati i germogli di soia per le proprietà antinfiammatorie, la capacità di stimolare le difese organiche e di contrastare le carenze vitaminiche.
Non solo: si parlava pure di edemi, disturbi digestivi e dell'apparato respiratorio, crampi e dolori alle ginocchia.
Anche i testi di medicina giapponese del periodo Heian (794-1185) si concentrano sui germogli di soia, importati dai monaci buddisti e ritenuti ideali per combattere la debolezza, i dolori alle ginocchia e i crampi muscolari.

Alle radici dei germogli di soia
Per un errore di traduzione, in Europa i germogli di fagioli mungo, i più diffusi nei negozi e supermercati, vengono detti di soia. In realtà esistono entrambi i tipi di germogli, distinti giustamente da nomi diversi: in cinese dou-ya sono i derivati della soia, ya ts'ai quelli di mungo.
Furono proprio quelli di soia gialla i primi a comparire negli antichi testi della medicina cinese. Venivano essiccati e usati.
Avevano anche impieghi alimentari, soprattutto in inverno quando scarseggiavano le verdure fresche (e quando il freddo permetteva di conservarli bene senza rischi per la salute).
Nei secoli i germogli di soia gialla non persero mai la loro importanza. Ancora nel periodo della dinastia Tang un testo medico li consigliava come rimedio per purificare il sangue delle donne sposate e ne sottolineava il gusto gradevole.
I germogli di soia nera fecero invece la loro prima comparsa in un'opera dell'inizio del VI secolo. Nel periodo Ming (1368-1662) un poeta dedicò loro perfino dei versi.
La prima citazione europea dei germogli risale al 1899: si tratta di uno studio scientifico intitolato "Alcuni componenti contenenti azoto nei germogli di soia".

Bacino mediterraneo
Forse la più antica testimonianza di semi germogliati risale al cosiddetto pane degli esseni. Gli esseni erano una setta religiosa ebraica diffusa tra il II secolo a.C. e il I d.C. A loro si dovrebbe questo particolare pane di chicchi di frumento, ma se ne conoscono altre versioni: per esempio in Egitto si produceva un pane di grano germogliato e cotto mescolato a farina, detto neideh e citato in un testo di medicina pubblicato a Bagdad nel 1200.
Avvicinandoci a noi in termini geografici, ricordiamo che anche i legionari romani usavano portare con sé molti semi dentro un sacchetto appeso in vita. Tra questi, non mancavano farro e piselli. Con il sudore non era insolito che i chicchi germogliassero: poi venivano mangiati così oppure, se le circostanze lo permettevano, trasformati in pane e focacce. E di energia ne avevano bisogno i legionari, che compivano lunghe marce con zaini pesantissimi sulle spalle!

Occidente poco... germogliato
Diversamente che in Oriente, in Occidente non c'è stato fin dai tempi antichi un reale interesse nei confronti dei germogli e delle loro proprietà. Solo nel XVIII secolo il medico inglese David McBride propose i germogli come rimedio pratico per prevenire lo scorbuto. Questa malattia colpiva i marinai perché nelle lunghe navigazioni mancava il cibo fresco e quindi le vitamine, in particolare la C, la cui carenza è decisiva per il suo insorgere. Il capitano James Cook, grande navigatore britannico del '700, non esitò ad adottare i consigli di McBride per i suoi marinai, che scamparono così allo scorbuto: nella loro dieta entravano infatti, tra le altre cose, germogli bolliti addolciti con miele, ma anche limoni e lime, ricchissimi di vitamina C.
Ma l'interesse in Europa stentava a decollare finché, ai primi decenni del ‘900, non cominciò a interessarsi il medico francese Paul Carton (1875-1947).

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I germogli nel piatto  Giuliana Lomazzi   Terra Nuova Edizioni

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