LA NATURA DEI SINTOMI IN CIASCUNA DELLE DUE FASI
La terza legge è stata definita dal suo autore il «sistema ontogenetico dei tumori e delle malattie equivalenti». Ciò è avvenuto sei anni dopo la proclamazione delle prime due leggi, nel 1987. “Ontogenetico” perché i criteri di comprensione si basano sullo sviluppo embrionale dell'organismo, comunemente detto ontogenesi e su cui ritorneremo nell'approfondimento. I termini “tumori e malattie equivalenti” alludono invece alle differenti patologie che si riscontrano a livello degli organi, ma si può benissimo anche parlare di sistema ontogenetico delle malattie. Si può fare qui la stessa osservazione sull'origine storica di questi termini fatta per la legge ferrea. Hamer aveva iniziato le sue ricerche soprattutto sul cancro e ciò che non gli assomigliava era definito come “equivalente”. Il termine “sistema” è invece utilizzato perché il riferimento all'embriologia fornisce una classificazione coerente del fenomeno tumorale di cui abbiamo già dato un'idea distinguendolo secondo il suo sviluppo in prima o seconda fase, così come per le altre malattie.
Malgrado il gran numero di organi del corpo, i tessuti che lo costituiscono sono riconducibili solo a poche grandi tipologie, avendo ciascuno il proprio modo di deteriorarsi durante la prima fase conflittuale e il proprio modo di ripararsi nel corso della seconda fase di risanamento. Semplificando un po', una malattia nel suo insieme può presentare tre diversi scenari (abbreviati in CF). La prima fase vedrà un tessuto proliferare, distruggersi o bloccarsi. Nella seconda si assisterà rispettivamente alla distruzione o incistamento del tessuto medesimo, alla sua ricostruzione o alla ripresa del suo funzionamento. Molti organi sono composti da tessuti che reagiscono secondo modalità differenti, ma ognuno di essi segue poi sempre la stessa dinamica. Questa reazione con caratteristiche costanti è dovuta alla sua origine embrionale (cfr. le Nozioni complementari). Le modifiche biologiche nelle due fasi sono codificate nel nostro patrimonio genetico da milioni di anni e sono universali.
Mentre ci addentriamo ulteriormente nell'ambito dei sintomi e delle lesioni, ricordo ancora una volta che nel funzionamento della triade le perturbazioni sono proporzionali alla massa conflittuale; e che nel campo della malattia non è l'etichetta che conta, ma l'importanza e le conseguenze concrete per la persona.
Questa ripetizione ha lo scopo di ammortizzare l'ansia che può generare nella nostra cultura medica qualsiasi diagnosi, in proporzione alla connotazione peggiorativa che essa contiene.
Primo scenario
La fase conflittuale provoca una proliferazione di cellule. Questa trasformazione è dunque ciò che noi chiamiamo “tumore”, un termine sempre generico che nel nostro approccio non anticipa nulla rispetto alla sua natura benigna o maligna, né sulla sua gravità, poiché la sua evoluzione è proporzionale all'intensità e alla durata del conflitto. La distinzione classica tra tumore benigno e maligno, o “cancro”, è solamente descrittiva. Ricordiamo che il primo dovrebbe essere più contenuto, rimanendo fisso nel suo sito d'origine, mentre il secondo dovrebbe essere più veloce e con una tendenza a generalizzarsi tramite “sciamatura”. In realtà, il tumore riguarda solamente l'organo la cui zona direttiva del cervello è disturbata e la nozione classica di “metastasi” non è che una delle numerose ipotesi destinate a cercare di spiegare l'incomprensione dell'origine di ciò che chiamiamo cancro. Se un paziente presenta numerose localizzazioni tumorali, questo significa che ha avuto molti conflitti e quindi molteplici lesioni cerebrali. Ritorneremo del resto nel dettaglio sulla nozione di cancro nel capitolo ad esso dedicato nella seconda parte.
Dopo la soluzione del conflitto, ci sono due possibilità. Come vedremo nella quarta legge, se l'organismo dispone di microbi adeguati, si verificherà la distruzione del tumore, con tutti i segni di infiammazione e infezione che ciò comporta, comprese le numerose modifiche del sangue che testimoniano semplicemente questa distruzione. Altrimenti la parte sana dell'organismo procederà a un incistamento del tumore che resterà per sempre inattivato, a parte il caso in cui il conflitto sia nuovamente ristimolato. L'incistamento è la formazione di un bozzolo tissutale tramite cellule di tipo connettivo che hanno un ruolo di sostegno, nutrizione e riparazione dell'organo nel suo insieme. Isolato in quel modo, il tumore ormai a riposo è come messo in quarantena, “riposto” nel cassetto.
Alcuni esempi: la maggior parte delle mucose dell'apparato digestivo, lo strato medio della pelle ovvero il derma, gli alveoli polmonari, la parte ghiandolare del seno e di altre ghiandole.
Secondo scenario
Ci si trova davanti a uno schema quasi rovesciato. Durante la fase conflittuale, l'organo subisce una distruzione, ulcerazione, necrosi, perdita di sostanza. In questo caso la riparazione scatena una proliferazione cellulare destinata a colmare le perdite di materiale biologico. La proliferazione può consistere in una semplice cicatrizzazione, generalmente come nel caso delle ulcerazioni delle mucose superficiali. Ma può avere anche l'aspetto di un vero tumore talvolta molto voluminoso. Vedremo che ciò dipende dall'origine embrionale del tessuto interessato. I microbi, che sono il soggetto della quarta legge, intervengono ugualmente per sgomberare le lesioni preliminarmente alla ricostruzione e nel senso della sua ottimizzazione.
Nel secondo scenario, il tumore ha quindi un significato completamente diverso dato che è testimonianza di una riparazione e non si sviluppa che dopo la soluzione del conflitto. Può anche essere piccolo e a progressione lenta, oppure notevole e a crescita rapida come nel primo scenario. La grande differenza è che la sua evoluzione è programmata dalla prima fase e quindi limitata nel tempo. Di contro, in una concezione medica secondo la quale tutti i tumori sono patologici, il “tumore di riparazione” sarà diagnosticato come benigno o canceroso secondo dei criteri che studieremo nel Capitolo 14 dedicato al cancro. Anche se il tumore di riparazione supera spesso in proporzione la distruzione preliminare dell'organo, è sempre a termine. Senza recidiva del conflitto è in ogni caso destinato ad arrestarsi, giacché le due fasi hanno una durata in teoria equivalente. Ciò contrariamente al tumore che si sviluppa in fase conflittuale e che non si ferma che con la soluzione del conflitto. Anch'esso è accompagnato da fenomeni infiammatori e in special modo da aderenze nei tessuti circostanti che si dissolvono completamente quando il processo è terminato.
Va fatta ora un'osservazione importante sull'eventualità della necrosi, che abbiamo visto essere una delle due possibilità nel primo scenario. Essa può anche prodursi quando il tumore della seconda fase è giunto a compimento. Il processo è meno frequente che nel primo caso e potrebbe a priori sorprendere poiché il tumore conclude in questo caso la malattia nel suo insieme. Ci tengo a segnalarlo poiché l'ho osservato più volte, specialmente nel caso di tumori al seno. Nei due scenari i sintomi della necrosi possono essere difficilmente sopportabili se il tumore ha raggiunto vari centimetri di grandezza. Bisogna avvertire il paziente che si avrà suppurazione e discutere con lui rispetto a una scelta delicata: o accettarla con tutte le sue implicazioni se il tumore è esterno, con l'eventuale odore e la pulizia locale, oppure decidere per un intervento chirurgico, che sarà spesso di ablazione completa dell'organo in causa.
Alcuni esempi: le ossa e il midollo osseo, lo strato superficiale della pelle ovvero l'epidermide, la parte superiore dello stomaco, le ghiandole linfatiche, i condotti escretori delle ghiandole compreso il seno per il quale è quindi importante sapere con quale tipo di tumore si ha a che fare, i bronchi.
Alla luce di questi primi due scenari si possono già capire le tragiche conseguenze che derivano dal prendere in considerazione solo le modificazioni organiche, senza alcuna comprensione del fenomeno nel suo insieme. È quanto può ad esempio accadere nell'annunciare a un paziente che è affetto da un cancro, mentre potrebbe essere nella sua fase spesso difficile di riparazione e ancora moralmente fragile dopo la soluzione del proprio conflitto. C'è il rischio di vederlo piombare in un vissuto ancora più drammatico di quello che è stato all'origine del danno iniziale.
Terzo scenario
Non c'è né proliferazione né distruzione durante la fase conflittuale, ma solamente diminuzione o arresto del funzionamento, reversibile dopo la soluzione del conflitto. Questa modalità riguarda soprattutto i tessuti che svolgono un'attività nervosa, come quelli corticali responsabili della sensibilità e della motricità e gli organi di senso. Ma questo accade anche nella parte secretoria di molte ghiandole, in aggiunta al primo scenario.
La ripresa funzionale dopo la soluzione del conflitto inizia generalmente con un aggravamento dei sintomi. Ciò è dovuto all'edema del focolaio cerebrale al quale può aggiungersi, secondo i tessuti, un edema nell'organo. Due fenomeni sono responsabili dell'aggravamento che è però di fatto transitorio. Facciamo due esempi: un conflitto di paura che genera miopia che per la durata dello stesso aumenterà proporzionalmente alla sua ampiezza. A partire dalla soluzione, oltre all'edema nella regione occipitale della corteccia emisferica si avrà un distacco momentaneo dei tessuti coinvolti che scatenerà un peggioramento ancora più grave della vista giusto prima che essa ritorni nuovamente normale. Ugualmente, nel caso di paralisi dovute a sclerosi multipla, la CL sarà accompagnata da un aumento dell'handicap, seguìto da una ripristino della funzionalità.
Aggiungiamo che nel terzo scenario, se il conflitto è durato a lungo o è recidivato molte volte, la riparazione non può essere completa. È il caso ad esempio di un diabete che dura da parecchi anni in cui le cellule secernenti non sono più in grado di ritrovare tutta la loro potenzialità. Oppure quello di una miopia che si è ripetuta troppe volte giacché rimane uno spessore cicatriziale della parete oculare che impone la necessità di portare gli occhiali.
La terza legge dona tutta un'altra dimensione al concetto di malattia. Sino a oggi, con questo termine, si intendeva un insieme di modifiche concomitanti e sempre giudicate sfavorevoli. In altre parole, essere malati significava presentare anomalie oggettive come proliferazioni, necrosi, infiammazioni e/o soggettive come dolori, disturbi funzionali, sensazioni insolite e sgradevoli. Tutte anomalie che avevano solo origini vaghe, incerte, ipotetiche, sconosciute, azzardate o statistiche e che bisognava combattere per guarire. Si tratta ora di interpretare correttamente il senso di ogni sintomo e danno, ricollegandoli a una delle due fasi della malattia e a seconda del tessuto colpito. Oltre al malessere psichico proprio di ogni fase, quello accusato a livello fisico si manifesterà più sovente nella seconda fase riparatrice, per cui sarà possibile confondersi nei tre quarti dei casi di qualsiasi affezione. Il paziente si farà allora visitare in fase di riparazione con i rischi già accennati più sopra. Tali rischi saranno tanto più elevati quanto più la diagnosi avrà una connotazione peggiorativa: gravità della malattia, difficoltà di alleviarla senza effetti secondari importanti, “verdetto” di una malattia reputata difficilmente curabile e con una speranza di vita impossibile da determinare.
Il disagio fisico nella prima fase è dovuto a tre fenomeni: le ulcerazioni delle mucose, che saranno più o meno dolorose a seconda della loro innervazione (ulcera dello stomaco e delle mucose superficiali, delle vie urinarie e vascolari...); le complicazioni dovute a compressione da proliferazioni (compressione dei nervi, dei dotti respiratori, dei vasi sanguigni, di altri organi...); i cali di funzione (ghiandole, organi di senso, della motricità...).
L'autoguarigione si dispiega tramite quattro processi: le stesse complicazioni dovute a compressione per proliferazioni cellulari, in questo caso riparatrici; tutti i processi di infiammazione che vi si riscontrano più frequentemente; l'intervento dell'opera dei microbi che studieremo nella quarta legge e che aggiunge ulteriormente le infezioni; la congestione cerebrale che abbiamo visto nella seconda legge.
La presenza più frequente del disagio fisico nella seconda fase è pertanto un buon segnale nel meccanismo della malattia. Lo scatenamento di un conflitto importante è insomma una sorta di sospensione e di conto alla rovescia, poiché l'individuo deve risolvere il proprio problema per sopravvivere. Se avesse sempre la percezione della sofferenza fisica dei propri organi oltre al dolore psichico del suo rimuginare con cui cerca la soluzione, avrebbe molto meno chance di uscirne. Al contrario, quando è alleviato dal suo conflitto, può allora dedicarsi meglio alla laboriosa riparazione.
Tessuti embrionali e parti del cervello
Le considerazioni sull'embriologia sono spesso state un ostacolo alla comprensione di quest'approccio nelle sue dinamiche generali. Senza dubbio, poiché esse non sono abituali quando si parla di malattia e poiché vi ricorrono molti termini appartenenti a un gergo specialistico e poco conosciuto dal grande pubblico. Queste considerazioni non sono affatto indispensabili per poter utilizzare la seconda parte del libro, ma apportano chiarimenti molto interessanti. D'altronde, per Hamer l'embriologia è stata uno dei fili conduttori essenziali nella messa a punto delle sue leggi biologiche ed egli vi fa numerosi riferimenti.
Quello che è conosciuto molto bene è il febbrile fenomeno della moltiplicazione cellulare per divisione a partire dalla fecondazione e che continua per tutta la gravidanza, dato che si passa da una sola cellula fecondata a numerosi miliardi dopo nove mesi. Ciò che lo è meno è il processo di differenziazione tra le cellule all'inizio della gravidanza. All'incirca entro le prime due settimane di sviluppo embrionale, le cellule si differenziano nei tre grandi insiemi che sono i foglietti embrionali. In primo luogo, ognuno di questi foglietti genera una serie di organi, o più precisamente, una serie di tessuti organici, dato che un organo può comportare tessuti di origine embrionale diversa. In un secondo tempo, durante tutto il resto dell'ontogenesi, si stabiliscono le relazioni tra ogni tessuto “derivato” e un'area precisa del cervello, che rimarranno poi tali per tutta la vita. Possiamo così ora completare le spiegazioni sui tre scenari in funzione dei diversi foglietti, poiché ogni tessuto reagisce durante la fase conflittuale a seconda del proprio tessuto embrionale d'origine; e correlando tali foglietti alle grandi componenti del cervello, la sintesi diverrà ancora più notevole.
Ecco i tre foglietti:
Endoderma (detto anche endoblasto)
È il foglietto più interno o ventrale, produce una gran parte del sistema digerente e gli alveoli polmonari. I tessuti derivati dall'endoderma seguono il primo scenario, ovvero proliferazione durante il conflitto. Hanno il proprio relais nel tronco cerebrale, la parte più arcaica del cervello, che gestisce conflitti di base che ruotano soprattutto attorno al concetto di boccone (si veda il Capitolo 1 sui grandi temi conflittuali).
Ectoderma (detto anche ectoblasto)
È il foglietto più esterno o dorsale. Dà luogo al sistema nervoso, a una gran parte degli organi di senso, all'epidermide, alla maggior parte delle mucose e dei dotti intraghiandolari. I tessuti derivati dall'ectoderma seguono il secondo o il terzo scenario a seconda della localizzazione dei relais nella corteccia emisferica, la cui origine è la più recente di tutto il cervello. Vi si collocano in special modo i conflitti di sensibilità, separazione e territorio.
Mesoderma (detto anche mesoblasto)
È il foglietto situato tra gli altri due. Ma in questo caso le cose sono un po' più complicate poiché il mesoderma si divide in due: il mesoderma cerebellare e quello cerebrale. Il primo reagisce come l'endoderma seguendo il primo scenario. Dà luogo soprattutto al derma e ai tessuti di protezione. I conflitti sono in relazione con la sensazione di sentirsi attaccati. I relais sono nel cervelletto, ancora antico nel quadro dell'evoluzione del cervello. Il mesoderma cerebrale invece reagisce come l'ectoderma e i tessuti che ne derivano seguono il secondo scenario. Esso dà luogo al sistema locomotore e a una parte del sistema circolatorio, urinario e genitale. I relais sono situati nel midollo cerebrale, una parte già più recente. I conflitti relativi sono troppo diversi per essere raggruppati.
Lo schema qui sotto riportato mostra le principali grandi regioni del cervello in cui troviamo la maggior parte dei relais. Vi è raffigurato anche il mesencefalo, una piccola area nella porzione superiore del tronco cerebrale. È un luogo di passaggio tra cervello antico, tronco e cervelletto da una parte e cervello nuovo, midollo cerebrale e corteccia cerebrale dall'altra. I relais che vi si trovano come il parenchima renale, il muscolo uterino e l'endocardio vi occupano una posizione particolare perché reagiscono come il mesoderma cerebrale. Questo schema è stato modificato rispetto alla visione classica che necessariamente non mostra che una parte delle zone raffigurate. Così la superficie relativa alla corteccia cerebrale è stata ingrandita poiché circonda l'insieme del cervello. In realtà essa occupa la parte più periferica della componente del cervello detta telencefalo, essendo questo diviso in due emisferi, destro e sinistro. Il termine midollo cerebrale è stato utilizzato dal dottor Hamer per indicare l'insieme dei relais dello scheletro e annessi: si tratta infatti di una parte più centrale e ventrale del telencefalo. C'è qualche relais anche nel segmento anteriore del diencefalo, non raffigurato per non creare sovrapposizioni nella figura. In breve, lo scopo di questo schema è unicamente quello di illustrare le relazioni tra zone del cervello e i tre scenari precedentemente studiati.
La migrazione del tessuto ectodermico
Una caratteristica importante di questo tessuto è che esso emigra fin dall'inizio dell'ontogenesi e “ricopre” diversi altri tessuti generalmente di origine endodermica, in particolare i condotti aperti verso l'esterno del corpo come una parte del tubo digerente, dei canali escretivi ghiandolari, delle vie urinarie, bronchiali e genitali. Questo processo è interessante da conoscere poiché spiega numerose malattie che obbediscono in questo caso al secondo scenario invece che al primo. Vedremo numerosi esempi trattando la relazione tra le malattie e i loro conflitti. Ciò tuttavia non impedisce patologie di origine endodermica negli stessi organi, poiché il rivestimento è di tipo mucoso e limitato ad alcune fasce. Non ci sono spiegazioni a questa limitazione che è un dato di fatto che si può osservare nell'ontogenesi. Specificherò questi casi di migrazione nella seconda sezione del libro.
Ecco qualche esempio che anticipa la seconda parte. La bocca, in cui le afte si verificano soprattutto sulla mucosa superficiale, i due terzi superiori dell'esofago, la parte superiore dello stomaco, l'epidermide, il retto in cui la maggior parte delle emorroidi interessano la mucosa superficiale, i bronchi, i vasi sanguigni. Tutti questi tessuti ricoperti non producono proliferazione nella prima fase.
Mappa dei relais cerebrali
A titolo di esempio, la mappa che segue è estrapolata da quelle che ha fissato Hamer. La sezione è trasversale, partendo dalla zona frontale e in inclinazione verso il retro della zona occipitale. Per non creare sovrapposizioni, vi figurano solo i relais degli organi retti dagli emisferi cerebrali, i quali si estendono a tutto il telencefalo circostante. Le aree sensoriali e motrici corticali non sono rappresentate perché sono collocate al di sopra e alla periferia della sezione. Questa dev'essere vista dall'alto, con gli emisferi destro e sinistro rispettivamente dalla propria parte. Essendo a due dimensioni, risulta per forza “schiacciata”, poiché i relais non sono alla stessa altezza. Lungo il midollo cerebrale si potrebbero anche indicare i relais del sistema scheletrico. Questi si estendono da davanti a dietro lungo i ventricoli laterali rappresentati col colore scuro. Ho scelto questa mappa per il numero di volte cui vi farò riferimento, specialmente nelle questioni di lateralità e di inversione della parte colpita dalla colorazione di un Conflitto. Ciò sarà oggetto dei capitoli dal 6 al 9 sulle regole biologiche. Per maggiore chiarezza, ognuno dei grandi piani di sezione del cervello possiede una propria mappa, ma si può rappresentare su una stessa sezione di relais di piani differenti.
LEGENDA
L'emisfero sinistro è considerato come femminile, perché una donna, nelle condizioni “standard” (destrimane, senza stallo ormonale né costellazione, cfr. Capitoli 6, 7 e 8) vi manifesterà il suo primo conflitto se esso concerne la corteccia emisferica. Lo stesso accade per quanto riguarda l'emisfero destro maschile.
L'insieme della parte tratteggiata è quello che viene denominato l'area territoriale perché vi si situano i diversi relais propri di questo tipo di conflitto, diversi nell'uomo e nella donna.
I relais a destra, detti cisti derivate dagli archi branchiali, sono riportati per dare un quadro completo e rispettare la mappa originaria. Essi corrispondono alle antiche branchie delle specie acquatiche, atrofizzate negli esseri umani. Un loro danno è correlato a un conflitto di paura frontale, particolarmente del cancro. Il loro processo di modifica è simile a quello dei gangli linfatici.
Nella figura, la vescica appare come simmetrica, ma i relais a sinistra e a destra sono in relazione rispettivamente con la parte femminile e maschile della vescica stessa.
Retina e cristallino fanno parte dell'area visuale, ma per ogni relais delle retine i due terzi sono incrociati e corrispondono al lato indicato, mentre un terzo non lo è e corrisponde all'altra parte. Ciò è dovuto all'intreccio delle fibre che provengono dalla retina a livello del chiasma ottico.
Precisazioni sulla proliferazione riparatrice
La conoscenza dei foglietti embrionali ci permette di comprendere e di classificare le diverse forme con cui si può presentare la proliferazione della seconda fase. Come si è visto, questa ha luogo per i tessuti derivanti dal mesoderma cerebrale e dall'ectoderma, e in quest'ultimo caso quando si tratta del secondo scenario, ma differisce molto in ognuna di queste due varianti originarie.
Iniziamo con l'ectoderma. La maggior parte dei tessuti che ne derivano e che reagiscono con una perdita di sostanza, è costituita da tessuti di tipo sottile: pelle, mucose, bronchi, vie urinarie, vasi sanguigni, condotti escretori nelle ghiandole. Le loro cellule hanno una forma a massello e per designarle in termini istologici si parla di tessuto pavimentoso o di epitelio. In cancerologia classica, la loro proliferazione è chiamata epitelioma o carcinoma, come ad esempio l'epitelioma bronchiale o il carcinoma mammario. Nella prima fase questi tessuti subiscono un'ulcerazione, ovvero una distruzione poco profonda, ma più o meno estesa secondo l'ampiezza del conflitto. La ricostruzione è più una “ricopertura” cicatriziale che una proliferazione in tutti i sensi. Si può paragonare a un piccolo avvallamento stradale che sarà ricoperto in proporzione alla sua superficie. Se questa è rilevante, la proliferazione riparatrice può anche assumere la forma di un tumore, che però si estenderà più in larghezza che in spessore. Un'eccezione è il caso delle verruche che possono essere di qualche millimetro e poco in rilievo o superare un centimetro di spessore. Or dunque, la superficie dell'epidermide danneggiata nella prima fase è sempre ristretta, contrariamente a quella che precederà un eczema e che può riguardare una parte cospicua della superficie corporea. Penso che in questo caso il conflitto di separazione con il suo vissuto abbia centrato una piccola superficie, ma che fosse intenso.
I tessuti derivati dal mesoderma cerebrale hanno al contrario una consistenza massiccia come le ossa, i gangli, i tessuti interstiziali delle ghiandole sessuali, la milza. Nella prima fase, la loro distruzione non si presenta sotto forma di ulcerazione ma nel loro spessore, come delle “buche”. Queste possono limitarsi alla periferia dell'organo in questione o distribuirsi in una parte più o meno importante dell'insieme, sempre secondo l'ampiezza del conflitto. Qui la ricostruzione è di tipo “lussureggiante”, dato che oltrepassa la quantità di tessuto distrutto nella prima fase. Ignoro il motivo di questa riparazione eccedente in questo gruppo, ma è un fatto costante di cui faccio tre esempi.
1– Osso e midollo osseo. Un osso può distruggersi in molti modi, in maniera omogenea o da una sola parte, che può essere centrale o periferica. E se ciò avviene a livello locale, può interessare uno o molteplici punti, provocando un danno limitato o diffuso, prendendo allora in questo caso un aspetto tarmato. Al termine della sua riparazione, esso sarà più voluminoso e calcificato che prima del suo deterioramento, e reso infine più solido. Nel caso di attacchi periferici si osserveranno delle escrescenze denominate osteof iti. Quando si tratta di una vertebra, si parlerà di becchi di pappagallo a causa del loro aspetto. Va da sé che se la massa conflittuale è diventata troppo consistente, il tutto finirà con una frattura. E nel caso di una vertebra, questa si rattrappirà più o meno completamente. Secondo la sua dimensione, l'escrescenza può avere come conseguenza una perdita di ampiezza di movimento. Nel caso di una vertebra, ciò riguarderà un segmento della colonna vertebrale, ma può anche riguardare qualsiasi articolazione se è a quel livello che avviene la proliferazione.
A proposito del ciclo osseo, ricorrerò a una metafora per illustrare il funzionamento del processo naturale nel caso che abbiamo appena visto di riparazione apparentemente esagerata. Paragoniamo la fase conflittuale all'accumulo di fessure o buche nel vostro muro, in seguito ad atti di vandalismo o altro. Quando questi ultimi sono terminati, ovvero arriva la soluzione del conflitto, voi riparate il muro usando la quantità di intonaco necessaria. Poi carteggiate per rimodellare la stessa superficie in modo regolare come era prima. Ma i processi della natura sono più rozzi, poiché seguono un ritmo basato sulla necessità di iniziare a riparare al più presto, senza preoccuparsi dei dettagli. Ciò conferisce loro un aspetto che potrebbe sembrare violento, ma che non è meno efficace, soprattutto se c'è urgenza, come nel caso di un osso che sta per rompersi. E per continuare la metafora, l'organismo si mette a gettare grandi quantità di gesso su tutti i punti rovinati del muro. Il risultato è una superficie ora irregolare e con dei rilievi, ma un muro più resistente. Morale della favola: la natura non “ricama” pizzi e merletti, e ciò in molte patologie.
Nel caso del midollo osseo, avviene lo stesso processo. Quando cessa di essere distrutto alla CL, i globuli e soprattutto quelli bianchi più deboli, e dunque più danneggiati nella prima fase, non risalgono facilmente al loro livello normale. Secondo la massa conflittuale, la loro curva di crescita sarà più o meno elevata e lunga prima di ritornare alla situazione di partenza. Si assiste anche a una sovrapproduzione che può oltrepassare di decine di volte la norma. Il tessuto midollare si rimette in moto e produce quantità eccessive di globuli, che inizialmente sono per la maggior parte forme immature denominate blasti. Questi ultimi sono inoffensivi e vivono solo qualche giorno all'interno della circolazione sanguigna. Una sovrappopolazione incomprensibile di cellule di aspetto anomalo dà luogo a una diagnosi di sviluppo caotico, ovvero il cancro del sangue, la leucemia. Questo cancro è considerato come recidivante e necessita di chemioterapie ripetute e spesso il rischio di un trapianto del midollo. Vista la grave connotazione della leucemia, ci ritornerò sopra nel Capitolo 14 dedicato al cancro e soprattutto nel Capitolo 16 sul sistema locomotore.
I casi delle ossa e del midollo costituiscono un buon esempio per sottolineare che i processi di riparazione sono identici nelle situazioni in cui il danno organico non è conflittuale ma dovuto a un fattore esterno. Così in una frattura di origine traumatica, si osserverà del pari la piccola escrescenza denominata callo osseo e la zona di ipercalcificazione a livello della linea di frattura. Ma in questo caso la riparazione viene effettuata su un osso precedentemente sano ed è dunque molto meno eccedentaria, dato che l'unico problema è quello di rinsaldare due frammenti normalmente calcificati. Lo stesso avviene per le leucemie, per le quali è corretto dire che se ne osservano molte di più in seguito a un'irradiazione nucleare come l'esplosione di una centrale. Ma tutti questi casi di leucemia sono altrettante riparazioni di midollo che è stato distrutto dai raggi.
2– Il ganglio che in prima fase riporta la distruzione di molteplici zone, che tuttavia passano inosservate vista la sua piccola dimensione iniziale. Ma dopo la CL, il suo volume può raggiungere quello di una noce o anche di un mandarino.
3 – Il tessuto interstiziale dell'ovaio e quello dei glomeruli renali responsabili della filtrazione. Dopo la necrosi, anche l'ovaio e il rene danno luogo a una sovrapproduzione cellulare. Come gli altri organi che non possiedono membrane proprie, se ne costruisce una che chiamiamo cisti e che proteggerà e limiterà lo spazio destinato alla riparazione. Questa cisti può anche ridiventare funzionale quando la riparazione è terminata. La dimensione talvolta impressionante di queste cisti, che dipende dalla necrosi precedente, è anch'essa legata all'ampiezza del conflitto.
La surdeterminazione della diagnosi
La surdeterminazione della diagnosi significa che essa si può stabilire in molti modi. Ciò è il risultato del fatto che i tre elementi della triade funzionano in sincronia. La conseguenza è che la diagnosi eseguita a uno dei livelli potrebbe teoricamente bastare a far comprendere quello che accade negli altri due. Insisto sul “teoricamente”, perché limitandosi a un solo livello occorre saperlo padroneggiare senza lasciar spazio a errori. Facciamo un esempio per ogni livello utilizzato separatamente.
1 – Si parte dal livello psichico. Un interrogatorio di un paziente condotto con rigorosità conferma un conflitto attivo di svalutazione riguardante il tema di mantenere la propria posizione. Occorre rinvenire un'immagine a bersaglio nella parte posteriore del midollo cerebrale, corrispondente all'anca, e una radiografia di questa deve mostrare una decalcificazione che non è dolorosa.
2 – Si parte dal livello cerebrale. Un'immagine alla TAC di un focolaio attivo nella regione fronto-diencefalica destra è associata a un conflitto non risolto di ripugnanza con resistenza e di una iperglicemia, ovvero di un aumento del tasso di zucchero nel sangue.
3 – Si parte dal livello organico. La rilevazione di un herpes zoster conferma un conflitto risolto di sozzura, con un edema nel relais situato nella parte posteriore del cervelletto.
Personalmente, faccio un controllo incrociato sistematico tra conflitto e modifiche biologiche degli organi. È unicamente in casi abbastanza rari, in cui la persona non può o non vuole parlare del suo conflitto, che mi accontento del solo esame della lesione. E anche in queste condizioni difficili si può riuscire a raccapezzarsi, perché se so che il tessuto colpito prolifera in prima fase e che esami ripetuti non mostrano più alcuna crescita del tumore, posso concludere che il conflitto è risolto sino a che la situazione rimane stabile.
Dato che ho troppo poca esperienza di lettura della TAC, la chiedo solo se la persona presenta segni di sofferenza cerebrale, il che significa quasi sempre che essa è interessata da un fenomeno di compressione dovuto a un edema considerevole, una situazione che non bisogna assolutamente ignorare ma trattare, in particolare con il cortisone.
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Scritto da Isabella il 07/04/2022