Quando mi laureai in Medicina e Chirurgia – era il 1980 – non avrei mai pensato che, un giorno, mi sarei avventurato a scrivere un libro zeppo di «consigli» per un'alimentazione sana. Ero troppo impegnato nel ricercare la diagnosi corretta, con test magari appropriati e raffinati e la terapia più indicata ed efficace. Le richieste dei malati «Dottore, mi dica, cosa devo mangiare per star bene?», sempre più insistenti e, inizialmente per me quasi disturbanti, mi portarono in seguito a occuparmi di quest'argomento – per la prima volta nel 2010 – pubblicando un primo libro divulgativo: Fegato sano.
Un volumetto che contiene indicazioni, dietetiche e circa lo stile di vita, per prevenire e curare la maggior parte delle malattie del fegato.
I pazienti, finalmente, avevano qualche indicazione specifica relativa ai principi di una dieta corretta e gli «elenchi» di ciò che era «vietato» o «consentito». Sì al riso integrale e alle mele, no ad hamburger e patatine fritte, ad esempio. Questi elenchi erano d'aiuto per consumare i pasti quotidiani.
I risultati ottenuti, però, non si fermavano al miglioramento degli esami del fegato alterati (come le famigerate transaminasi o la petulante gamma-GT) o alla risoluzione del fegato grasso (con la riduzione o l'agognata scomparsa della cosiddetta steatosi). Osservavo, nella gran parte dei malati che si attenevano a queste prescrizioni, una diminuzione dei grassi del sangue (il colesterolo e i trigliceridi), del peso corporeo, della circonferenza addominale, della pressione arteriosa, accompagnati a un generale miglioramento della digestione, delle funzioni intestinali e, nel complesso, della loro sensazione di benessere.
Mi resi poi conto che, interrogando i malati circa le loro abitudini alimentari, emergevano dati a dir poco inquietanti.
Non solo i pazienti obesi e con fegato grasso mangiavano «male», cioè un eccesso di grassi d'origine animale e zuccheri, pochissima verdura e frutta, troppa carne e insaccati.
Ma anche chi soffriva di bruciore di stomaco, reflusso acido, alito cattivo, stitichezza, diarrea, diverticoli del colon o malattie infiammatorie intestinali dichiarava di non aver mai consumato le famose «cinque porzioni» al giorno di verdure e frutta. Si stupiva delle mie domande e di questa necessità. Dieta ricca di fibre raccomandata, in ogni modo, a tutti, in queste specifiche dosi, per prevenire tante malattie e pure il cancro, anche dall'Organizzazione Mondiale della Sanità e dalle principali organizzazioni impegnate nella prevenzione delle malattie e dei tumori.
In particolare, la gran parte dei pazienti da me osservati, consumavano gran quantità di formaggi stagionati o fusi, burro, margarine, carne, insaccati, fritture, dolci, merendine, bibite zuccherate, cibi conservati o inscatolati, alcol, caffè: tutti alimenti che, in varia misura e quando accoppiati all'assenza di verdure e frutta, sono all'origine – ormai è dimostrato – della gran parte delle malattie dell'apparato digerente e del fegato, della cardiopatia ischemica, dell'ipertensione arteriosa, delle vasculopatie cerebrali, dell'ictus, del diabete e dei tumori.
Curare il «bruciore» di stomaco per anni – con una pastiglia di antistaminico (come accadeva in passato), o una compressa di un più moderno inibitore della «pompa protonica» (quella che produce l'acido nello stomaco) – con farmaci, cioè, come la ranitidina o l'omeprazolo e i suoi derivati, non ha molto senso se non s'interviene radicalmente sull'alimentazione, cambiando anche lo stile di vita. L'epatite virale da virus C – altro esempio – possiamo curarla con interferone e ribavirina, ma senza l'astensione dall'alcol e una dieta sana, la cura è spesso del tutto inutile. Lo stesso vale per la stitichezza (trattata con lassativi, spesso «naturali» economici, ma irritanti), per i diverticoli (curati «preventivamente» con gli antibiotici), per il colon irritabile (affrontato con gli antispastici e i sedativi) o per le malattie infiammatorie intestinali (che richiedono trattamenti, addirittura, con farmaci antinfiammatori specifici, cortisonici e potenti immunosoppressori).
Tutte queste malattie, frequentemente, compaiono proprio in chi si è alimentato per anni in modo scorretto.
L'approccio, non solo farmacologico, ma anche sul versante dell'alimentazione e dello stile di vita, è molto vantaggioso - è stato dimostrato - in tutti questi casi. Perché, oltre a facilitare la guarigione dell'organo sofferente, riduce il rischio di molte e, a volte, ben più pericolose malattie.
«Che il tuo alimento sia il tuo medicamento» si tramanda che affermasse Ippocrate. «Noi siamo quello che mangiamo», sosteneva il famoso aforisma della Scuola Medica Salernitana.
Insomma, dovete avere ben chiaro che, in una vita di 80 anni, una persona introduce nel suo tubo digerente dalle 30 alle 60 tonnellate di cibo. La gran parte di questi alimenti è digerita, assorbita e quindi filtrata dal fegato, facendo raccogliere nel colon, l'ultima parte dell'intestino, esclusivamente le «scorie» non assimilate. Come può il cibo, allora, non essere coinvolto nella salute del fegato, di tutti i nostri organi e nel benessere dell'organismo? Come possono le scorie non influenzare la salute del colon, che non è un contenitore di vetro, plastica o di alluminio, ma è rivestito da una delicata mucosa?
L'idea che il medico debba fare la diagnosi per trovare la cura farmacologia specifica si sta sbriciolando di fronte alla complessità e alle molteplici cause delle malattie degenerative e tumorali che colpiscono oggi la nostra società.
Il principio che una pastiglia, uno sciroppo o un'iniezione possano essere la cura per ogni malattia è fallace; pericoloso per la nostra salute e inutilmente ed esageratamente costoso per le nostre tasche e il sistema sanitario. Curiamo il diabete, l'ipertensione, il colesterolo e i trigliceridi alti, l'arteriosclerosi, la demenza, la steatosi, la cirrosi, i diverticoli, la colite, i tumori… con decine di medicinali da assumere ogni giorno!
E dimentichiamo, molte volte, che una dieta sana associata a una regolare attività fisica avrebbe potuto prevenire o, adesso, sarebbe in grado di migliorare, la gran parte di queste malattie.
Ma il lettore non si avvilisca! Potrà trovare, nelle pagine del libro, quelle indicazioni che lo porteranno ad affrontare con maggior consapevolezza il suo rapporto con il cibo e a migliorare la propria salute. Potrà sperimentare un riconquistato benessere, vedendo «potenziare» la sua forma fisica; riducendo il peso, migliorando l'aspetto e l'energia, aumentando l'agilità, contenendo i sintomi fastidiosi e, perché no, raggiungendo, in molti casi, la guarigione.
Per comprendere come poter migliorare la propria salute, passate ora a leggere il capitolo successivo e non saltate, immediatamente, a quelli riguardanti i consigli alimentari o alle singole malattie: vi mancherebbero gli strumenti necessari a conoscere meglio voi stessi e le vostre mancanze. Potrete cambiare, in meglio, il vostro stile alimentare e raggiungere il vostro obiettivo di salute solo conoscendo il funzionamento dell'apparato digerente, gli errori nel campo della nutrizione che state commettendo e riconoscendo le vostre eventuali difficoltà digestive.
Potrete così, rispondendo ad alcuni semplicissimi quiz, annotare i vostri «pregi» e i vostri «difetti» nell'alimentazione, creando la premessa indispensabile alla valutazione dei risultati gratificanti che sarete presto in grado di raggiungere.
Cerchiamo, ora, di conoscere qualche cosa di più sulla struttura e le funzioni del nostro apparato digerente leggendo il primo capitolo.
Scritto da Isabella il 07/04/2022