Nel suo desiderio di cercare un punto di incontro tra l'approccio allopatico e quello omeopatico, l'Autore ha intuito che ci sono due necessità fondamentali per il futuro della Scienza Medica in generale e di quella omeopatica in particolare:
- L'unità di linguaggio scientifico tra l'Omeopatia e la Medicina Accademica
- L'unità di linguaggio scientifico tra gli omeopati
Dopo un'analisi approfondita di quello che la Medicina Omeopatica dice a riguardo delle malattie croniche, l'Autore intuisce anche che non è vero che i due approcci terapeutici sono tanto diversi tra loro, anzi, ognuno avrebbe bisogno dell'altro per completarsi e migliorarsi a vantaggio dell'unica Medicina, una Medicina che diventerebbe veramente a dimensione d'uomo.
Infatti, l'Omeopatia ha bisogno di acquisire quello che Samuele Hahnemann, il fondatore dell'Omeopatia, insegnava già due secoli fa e cioè che:
- L'uomo è un essere integrato e unitario, perché i suoi vari aspetti (fisico, neurologico, psicologico, emozionale, affettivo, sociale e spirituale) costituiscono un'unità inscindibile.
- Le malattie non sono fatti a se stanti, non sono mai localizzate e i loro sintomi hanno sempre una ragione d'essere, per cui il malato va studiato in tutta la sua unità personale con un'attenta raccolta della sua storia biopatografica.
- Ogni terapia o stimolo agisce sulla totalità della persona e ogni medicamento deve essere sperimentato sull'uomo sano.
- La terapia deve essere basata sull'uso del medicamento più simile all'intera e deve essere scelto come quello capace di ristabilire l'equilibrio e l'armonia tra tutte le parti che formano l'individuo, evitando quindi ogni terapia sintomatica o comunque riservandola solo a condizioni che non sono aggredibili in altro modo.
Il Dr. Coco, membro del Consiglio Direttivo della FIAMO e omeopata molto noto nel nostro Paese per la sua grande professionalità e serietà scientifica, è un medico abituato a riflettere e a guardare dentro le persone e le realtà della vita quotidiana e non si è quindi accontentato dell’atteggiamento frammentario e staccato della Medicina “ufficiale”.
Salvatore Coco è stato da sempre anche molto toccato da quelle situazioni in cui emerge fortemente la superficialità terapeutica, prima di tutto dell’approccio medico contemporaneo, ma a volte anche di quello omeopatico.
Ecco allora la decisione, iniziata lentamente molti anni fa, di riflettere sulla secolare diatriba che da sempre divide la Medicina ufficiale da quella omeopatica, allo scopo di superarla.
Chi ha un grande desiderio di Verità, infatti, non può accettare passiva-mente la mancanza di chiarezza a livello scientifico, specie quando tutto ciò significa aumento della sofferenza per chi già soffre a causa di una malattia.
Questo è uno dei misteri della Medicina Omeopatica: ci si avvicina ad essa per una innata personale sensibilità ed ella ci rende ancora più sensibili, più desiderosi di lavorare per il bene di colui che soffre e, ovviamente, più attenti a tutto ciò che è di ostacolo a questo.
Nel suo desiderio di cercare un punto di incontro tra l’approccio allopatico e quello omeopatico, il Dr. Coco ha intuito che ci sono due necessità fondamentali per il futuro della scienza medica in generale e di quella omeopatica in particolare:
- L’unità di linguaggio scientifico tra gli omeopati.
- L’unità di linguaggio scientifico tra l’Omeopatia e la Medicina Accademica.
Purtroppo, oggi questa unità di linguaggio non esiste, spesso neppure tra gli omeopati.
Siamo tanto presuntuosamente quanto stoltamente divisi, perché ognuno crede di possedere la verità e giudica gli altri senza capire che questo atteggiamento non solo è errato, ma non serve a nulla e alla fine diventa contro-producente.
Sia gli omeopati che gli allopati sopravalutano gli aspetti positivi del proprio approccio metodologico nascondendo gli aspetti negativi e dimenticando che si ha sempre bisogno anche dell’aiuto altrui. Infatti, nessuno dei due approcci è veramente autonomo e bastante a se stesso, perché l’uomo è troppo “grande” e complesso e bisogna avere molte conoscenze per approcciarlo correttamente.
Occorre avere molte conoscenze, ma anche tanta umiltà e capacità di riconoscere nello stesso tempo i propri limiti e i pregi altrui.
In questo vedo l’importanza dello sforzo intellettuale del Dr. Coco che mi rievoca l’invito di San Paolo, “esamina ogni cosa e tieni ciò che è buono”, ricordandoci che in ogni realtà c’è qualcosa di buono.
Ecco il grande messaggio e il grande aiuto che giunge da questa lettura:
- l’Omeopata, che conosce bene i limiti dell’attuale Medicina Ufficiale, deve anche capire che quell’approccio ha pure una grande utilità e pertanto non va combattuto o disprezzato a priori, perché ciò significherebbe di-sprezzare la stessa Arte Medica che si ama e si desidera servire;
- l’Allopata deve capire che la sua tecnica terapeutica ha un grande bisogno di perfezionamento e di umanizzazione, perché commette il grande errore di frammentare l’uomo interpretando e trattando i sintomi come separati tra loro e non toccando le radici della malattia, bensì aggravandola con nuove patologie; in questo contesto, un saggio allopata, se si fermasse a studiare la dottrina omeopatica cercando di capirla con cuore aperto, acquisirebbe sicuramente proprio quello che manca al suo approccio farmacologico.
Sia l’Omeopata che l’Allopata dovrebbero capire che le sfide delle patologie cronico-degenerative e neuropsichiatriche del futuro non si vince-ranno solo con la multidisciplinarietà, che mescola insieme obiettivi e trattamenti diversi, ma con un unico approccio basato sui medesimi principi. Principi medici universali che il Dr. Coco semina un po’ ovunque in queste pagine e che mi pare si possano riassumere così:
- L’uomo è un essere integrato e unitario, perché i suoi vari aspetti (fisico, neurologico, psicologico, emozionale, affettivo, sociale e spirituale) costituiscono un’unità inscindibile.
- Questa unità è plasmata da un insieme di fattori genetici e personali ed è continuamente influenzata da fattori interni ed esterni che possono svolgere sia azioni salutari riequilibranti che patologiche squilibranti.
- Le malattie non sono fatti a se stanti, ma hanno una storia, cioè hanno un inizio e un’evoluzione che però non possiamo né intraprendere né comprendere se consideriamo soltanto i sintomi attuali.
- Le malattie non sono mai localizzate, perché la persona non è separata in singoli organi e apparati staccati tra loro, ma tutte le parti sono profondamente e anche energeticamente interconnesse.
- Ogni sintomo ha una sua ragione d’essere e va considerato e valorizzato secondo una precisa scala di importanza, in base alla quale il processo di esteriorizzazione sintomatologica è finalizzato alla riduzione del malessere interno.
- Il malato deve essere sempre studiato in tutta la sua unità personale attraverso un’attenta raccolta di tutta la sua storia biopatografica.
- Ogni terapia o stimolo esterno agisce, in virtù dell’unità inscindibile dell’essere umano, sulla totalità della persona.
- I medicamenti da utilizzare devono essere conosciuti nella loro azione attiva su tutti gli aspetti dell’essere vivente e per conoscere esattamente le loro molteplici capacità terapeutiche (proving) devono essere sperimentati sull’uomo sano, perché solo quest’ultimo può percepire ed esprimere tutte le sfumature dei cambiamenti che il medicamento simile induce nella sua persona.
- La terapia deve essere basata sulla somministrazione di un unico medicamento scelto secondo la legge di similitudine, perché solo il farmaco più simile all’unità della persona è capace di riattivare nel modo più dolce, efficace e duraturo i processi endogeni di autoguarigione che sono in ognuno di noi.
- L’obiettivo del trattamento medico, infatti, deve essere quello di liberare il malato dalla malattia, che lo limita e lo condiziona, ristabilendo l’equilibrio e l’armonia tra tutte le parti che formano la persona umana, evitando quindi ogni terapia sintomatica o comunque riservandola solo a condizioni che non sono aggredibili in altro modo.
Con questo suo lavoro, pertanto, il Dr. Coco ha avuto il grande pregio di superare tante sterili disquisizioni e di andare al nocciolo del problema facendoci riflettere su:
- da dove siamo partiti: ci ricorda come è nata la Dottrina delle Malattie Croniche di Hahnemann e, indirettamente, come è nato l’approccio farmacologico;
- dove ci troviamo: sottolinea le contraddizioni, i limiti e la confusione del momento presente;
- dove dobbiamo andare: ci invita a superare i nostri preconcetti e ad “operare in comunione con gli altri”, perché nessuno basta a se stesso.
Il mio augurio, quindi, è che questo volumetto venga letto da tutti gli operatori sanitari del nostro Paese, perché può rappresentare una chiara base di partenza per un nuovo e sincero dialogo tra le parti e per una futura nuova Medicina Moderna veramente a dimensione d’uomo.
Dr. Roberto Gava
Questo lavoro è il frutto di una ricerca tesa a chiarire i punti oscuri presenti nella Dottrina Omeopatica, perché nonostante due secoli di studi, alcuni aspetti di questa scienza presentano ancora delle difficoltà ad essere compresi.
Alla difficoltà dello studio sintomatologico di ogni singola persona, si aggiunge infatti l’enorme vastità della Materia Medica Omeopatica, con le numerose sfaccettature di ogni rimedio e le difficoltà che si incontrano nella ricerca del medicamento più simile possibile, con la potenza e la dose più adatte.
Ma, oltre a queste difficoltà, se ne incontrano altre, dovute alle diversità reali o apparenti con la scienza medica istituzionalizzata, che portano alla considerazione dell’Omeopatia non come un atto medico completo, ma come una Medicina “alternativa e complementare” alla Medicina ufficiale.
È già da diversi anni che sono impegnato in una ricerca per la risoluzione di due problemi fondamentali per il futuro della scienza omeopatica:
- Unità di linguaggio scientifico tra gli omeopati.
- Unità di linguaggio scientifico tra l’Omeopatia e la Medicina Accademica.
Infatti, come tutti sappiamo, esistono all’interno dell’Omeopatia diverse concezioni e approcci: unicismo, pluralismo e complessismo sono i più noti, ma anche all’interno di questi approcci più generali esistono le interpretazioni date da vari maestri o scuole che portano ad una tale frammentazione che ogni singolo omeopata formula un suo modo personale ed individuale di concepire sia la pratica clinica che il corpus dottrinale.
Inoltre, esiste una notevole differenza di linguaggio tra l’Omeopatia e la Medicina Accademica, che potrebbe fare pensare che il soggetto di studio di questi due aspetti della ricerca medica sia diverso. Ma, siccome non è così, ci deve forzosamente essere un punto comune che possa fare divenire unitario il linguaggio scientifico.
A mio avviso, questa apparente separazione è dovuta essenzialmente a due fattori.
Il primo è che nel corpus dottrinario omeopatico esistono concezioni antiche e vetuste, che impediscono di capire che il linguaggio della ricerca medica attuale concorda perfettamente con l’Omeopatia.
La seconda è che esiste all’interno della scienza medica ufficiale una notevole discrepanza tra la teoria e la pratica. Infatti, a livello teorico le ricerche hanno portato alle stesse conclusioni scientifiche a cui l’Omeopatia era già giunta da due secoli: unità dell’uomo in tutto il suo aspetto psiconeuroendocrino, unità corpo-mente, importanza della psiche, importanza delle relazioni umane per uno stato di salute, ecc.; mentre nella pratica terapeutica l’uomo rimane ancora frammentato in singoli organi ed apparati, il corpo rimane staccato dalla psiche e la singola persona scissa dal suo ambiente.
Uno dei punti più controversi all’interno della dottrina omeopatica è la concezione hahnemanniana delle malattie croniche. Essa ha scatenato divisioni tra gli omeopati, perché ogni scuola o maestro ha dato la sua personale idea dei Miasmi e questo concetto è difficilmente comprensibile dai medici della Medicina accademica.
Per tale motivo mi sono dedicato a questo studio critico delle Malattie Croniche di Hahnemann, guardandole alla luce delle conoscenze mediche attuali.
Questo studio fa risaltare l’importanza dell’opera del nostro grande maestro il quale, pur con i limiti dovute alle conoscenze mediche di due secoli fa, risulta essere un precursore dei suoi tempi; inoltre, questo studio riflette su alcune posizioni dottrinarie omeopatiche teoriche e ascientifiche e mette in evidenza i punti di concordanza dell’Omeopatia con la scienza medica attuale.
I medici che praticano la Medicina accademica hanno in generale una conoscenza molto ridotta di quelli che sono i principi che reggono l’Omeopatia, limitandosi in genere all’idea che essa utilizzi farmaci in dosi talmente diluite che molto probabilmente l’unico effetto possibile è soltanto l’effetto placebo. In genere, il fatto che in Omeopatia si usino dosi infinitesimali è un concetto che viene sfruttato per gettare discredito sulla stessa, e questo permette di evitare il confronto con gli altri principi che reggono questa scienza, perché se accettati rivoluzionerebbero totalmente la Medicina accademica.
Vediamo allora sinteticamente cosa hanno di tanto rivoluzionario questi principi della Medicina omeopatica.
Il primo e più importante punto da considerare è l’unità dell’essere umano vivente che non può essere artificiosamente separato in organi o apparati o in corpo e mente o in fisicità e sensazioni. Questo punto in teoria è condiviso dalla scienza accademica, ma nella pratica terapeutica viene completamente disatteso, perché viene prescritto uno o più medicamenti per il cuore, uno per lo stomaco, uno per la pelle, come se queste parti fossero isolate dall’insieme.
Il secondo punto è la comprensione di come questa unità possa essere perturbata dall’azione di sostanze farmacologicamente attive e qui notiamo delle differenze profonde tra le due metodiche. L’Omeopatia, per conoscere l’azione farmacologia di una sostanza utilizza la “sperimentazione pura sull’uomo sano”. Le varie sostanze, cioè, vengono sperimentate su gruppi di persone in stato di buona salute e si considerano azioni della sostanza sperimentata tutte le modificazioni che essa provoca sia sullo stato fisico come pure su quello sensoriale e mentale. Invece, la sperimentazione comunemente usata dalla Medicina accademica si avvale in generale di due metodiche: la prima è quella effettuata sugli animali, che ci fornisce soltanto risultati su come agisce una sostanza su qualche organo o apparato dell’animale, senza darci alcuna informazione sulle modifiche psico-sensoriali vissute dall’animale; la seconda metodica è quella di verificare il possibile effetto terapeutico di una sostanza su una determinata patologia e, se questa azione è sintomatologicamente positiva e rilevante da un punto di vista statistico, la sostanza viene considerata come un medicamento per la patologia in questione, mentre gli altri effetti patogenetici, che possono anche essere notevoli, vengono classificati come effetti collaterali o indesiderati.
Il terzo punto fondamentale dell’Omeopatia è l’uso della cosiddetta monofarmacia, cioè la somministrazione di un unico medicamento. L’applicazione terapeutica dei rimedi omeopatici avviene infatti secondo la “Legge dei Simili” che si applica nel modo seguente: quando ci troviamo di fronte ad una persona che soffre, si raccoglie tramite l’anamnesi, completata anche da tutti gli esami strumentali e di laboratorio ritenuti utili ai fini diagnostici, la totalità del suo stato di sofferenza in tutti i suoi aspetti e cioè dal punto di vista fisico (con i sintomi avvertiti nei vari organi e apparati), sensoriale (con tutte le sensazioni di malessere avvertite) e mentale (con lo stato psicologico di sofferenza interna). Una volta che si ha il quadro globale del malessere della persona in questione, si cerca tra le sostanze sperimentate quella che, nella sua capacità patogenetica espressa durante la sperimentazione negli individui sani, ha mostrato i sintomi più simili a quelli che caratterizzano la sofferenza della persona in oggetto. L’azione terapeutica consiste nello stimolare una risposta reattiva (che l’organismo esprime in senso opposto allo stimolo ricevuto), che permetta l’autoguarigione della persona. Poiché i medicamenti sono simili nei loro effetti alla sintomatologia presentata dal malato, devono essere attenuati il più possibile per evitare possibili aggravamenti. Quindi, l’applicazione terapeutica di dosi infinitesimali è soltanto una conseguenza della Legge dei Simili e serve per evitare aggravamenti. Il rimedio omeopatico è utilizzato infatti in maniera diversa da quello convenzionale: i medicamenti convenzionali vengono utilizzati per la loro azione fisico-chimica, mentre i rimedi omeopatici sono utilizzati per la loro capacità di stimolo della risposta reattiva della persona in senso terapeutico.
Una conseguenza del discredito subito dall’Omeopatia a causa dell’uso di rimedi infinitesimali è che così viene fatto passare sotto silenzio quanta Legge dei Simili c’è nella terapeutica ufficiale, ossia quante e quali volte la Medicina applichi in maniera inconsapevole e grossolana la legge fondamentale dell’Omeopatia che è la Legge dei Simili. Esempi di ciò sono: l’uso del defibrillatore elettrico nelle tachicardie parossistiche (l’elettricità provoca tachicardia); la clorpromazina e l’aloperidolo in sindromi allucinatorie o dissociative (vedere le sperimentazioni di Julian che hanno prodotto sintomi allucinatori e dissociativi con le stesse sostanze diluite e dinamizzate ); lo stesso cortisone ha in molte situazioni un’azione di similitudine; in Oncologia si utilizzano medicamenti o radiazioni che sono capaci di produrre tumori; per molte sostanze il meccanismo d’azione ipotizzato è quello della competizione a livello dei recettori, ma pare che questa ipotesi sia una formulazione differente della Legge dei Simili. Un altro esempio è la terapia delle crisi anginose: quando fu scoperta la nitroglicerina, gli omeopati americani la sottoposero subito a sperimentazione nell’uomo, sperimentazione che mise in evidenza la notevole azione patogenetica sulla funzione cardiaca di questa sostanza e la introdussero in terapia come uno dei rimedi omeopatici delle crisi anginose e i risultati ottenuti fecero sì che la nitroglicerina sia tuttora la terapia di elezione della crisi anginose. Inoltre, rimane come ricordo dell’iniziale uso omeopatico il fatto che essa venga assunta per via sublinguale.
Anche in molte guarigioni ottenute con la Fitoterapia si riconosce talvolta il principio della similitudine.
L’Omeopatia, quindi, è principalmente la Legge dei Simili, che è applicabile in numerose forme mediche e psicoterapeutiche, mentre la diluizione infinitesimale rappresenta solo un aspetto importante dell’applicazione dei rimedi quando ci sono condizioni di grande similitudine e di grande sensibilità della persona.
Urge allora un sereno confronto tra la Medicina accademica e l’Omeopatia, al fine di una migliore definizione e applicazione della terapeutica medica. Infatti, se gli omeopati devono rivedere alcuni aspetti superati della loro dottrina integrandoli con le conoscenze scientifiche attuali, anche i medici ufficiali hanno da apprendere molto dall’Omeopatia, che resta tuttora all’avanguardia per la sua capacità di sviluppare una terapia mirata sul malessere individuale di ogni singola persona.
In questo saggio verranno analizzati gli aspetti della dottrina hahnemanniana delle Malattia Croniche che sono sicuramente superati alla luce delle conoscenze scientifiche moderne, ma anche quelli in cui essa resta ancora valida, come pure quelli in cui il maestro Hahnemann resta ancora un precursore della Medicina.
Pagine: 68, Formato: 15x23, Tipologia: Libro cartaceo,
Editore : Cemon, Prezzo 13,00 €
Pagine: 88, Tipologia: Libro cartaceo,
Editore : Cemon, Prezzo 19,95 €
Pagine: 416, Formato: 17x24, Tipologia: Libro cartaceo,
Editore : Salus Infirmorum, Prezzo 38,00 €
Pagine: 32, Tipologia: Libro cartaceo,
Editore : Salus Infirmorum, Prezzo 5,90 €
leggere il pensiero di altri studiosi di omeopatia può essere utile, anche per farsi un'idea chiara su questo argomento avvolte poco chiaro ad alcuni omeopati. leggere in modo chiaro e semplice alcuni concetti dell'insegnamento dei miasmi di Hahnemann è utile e questo libro lo spiega bene.
Scritto da Vincenzo il 12/07/2020
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