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Non è mai facile affrontare àmbiti di vita sociale e pubblica, in cui tutti e ciascuno siamo implicati piú o meno direttamente, con l’intenzione di farne emergere il volto di “bene comune”, specialmente se questo àmbito - come la Scuola in questo momento - è come travolto in un’arena di pensieri, legiferazioni e pratiche diver- genti.
La Scuola è una comunità educante, una comunità di pratiche che educano al senso, che iniziano a quella ricerca di senso che accompagnerà la persona in un cammino di autoformazione che durerà veramente tutta la vita.
«L’educazione è il momento che decide se noi amiamo abbastanza il mondo da assumercene la responsabilità e salvarlo cosí dalla rovina, che è inevitabile senza il rinnovamento, senza l’arrivo dei giovani. Nell’educazione si decide anche se noi amiamo tanto i nostri figli da non estrometterli dal nostro mondo lasciandoli in balía di sé stessi, se li amiamo tanto da non strappargli di mano la loro occasione d’intraprendere qualcosa di nuovo, qualcosa d’imprevedibile per noi: e prepararli, invece, al compito di rinnovare un mondo che sarà comune a tutti».
È con queste parole che Hannah Arendt ha colto l’essenza della Scuola come comunità educante in cui tutti siamo “preoccupati”: sembra una “missione impossibile”, ma davvero l’istruzione, e le politiche che la sostengono, sono il tesoro di una nazione: se moltiplicate, assicureranno crescita civile, culturale, economica e sociale.
Almeno questo, oggi, dovrebbe persuadere il nostro Paese ad assumere, da parte di tutti gli attori coinvolti, un atteggiamento piú lungimirante di quanto non si stia facendo.
Lorenzo Biagi
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Scritto da Vincenzo il 12/07/2020