Quali sono gli alimenti più contaminati? Che effetto possono avere sul nostro organismo? Possiamo fare qualcosa per evitarli?
Cereali, succo di arancia, gelati, biscotti, pasta, farina, birra, vino, pane, ortofrutta, lenticchie, ceci, caffè, miele, uova, panna e molto altro. Questi cibi e bevande, presenti ogni giorno sulle nostre tavole e serviti ai nostri cari, dalla prima colazione alla cena, potrebbero essere contaminati da residui di mix di pesticidi, in particolare dall'erbicida più utilizzato nel mondo: il glifosato.
Perché queste pericolose sostanze avvelenano quello che mangiamo? Quali sono i motivi per cui le autorità non intervengono? Che effetti possono avere sul nostro corpo?
Saverio Pipitone, in modo divulgativo, ripercorre la storia dei pesticidi in generale e del glifosato in particolare, chi li hai inventati, come funzionano, come e perché sono stati introdotti in agricoltura, quali sono i rischi per l'ambiente e quali malattie provocano.
Riporta le ricerche sulla presenza di tracce pesticide negli alimenti, i principali studi scientifici sui rischi patologici per esposizione diretta da lavoro o indiretta da consumo, pareri di esperti interpellati e casi di persone che si sono ammalate.
Tutto quello che devi sapere sui pesticidi e cosa fare per evitare che finiscano nel tuo piatto.
Se ti sta a cuore la tua salute devi leggere questo libro!
Capitolo 1 - Il prodigioso Haber e l'avveduta Carson
Capitolo 2 - Principio di sintesi omicida
Capitolo 3 - Le piante bioniche da miliardi di dollari
Capitolo 4 - I biodegradabili Rex e Bey
Capitolo 5 - La battaglia degli ulivi tra magia e profezia
Capitolo 6 - Il lungo torrente dei pesticidi
Capitolo 7 - Un brutto inquinamento urinale e fetale
Capitolo 8 - Dalla mela di Grimilde all'ecoarcobaleno
Capitolo 9 - Frizzanti bibite al diserbante suicida
Capitolo 10 - Il pessimo grano della modernità
Capitolo 11 - Erbicidi e insetticidi nel carrello della spesa
Capitolo 12 - Distruttive malattie chimiche da consumo e lavoro
Capitolo 13 - Glifosato: una questione di salute pubblica
Capitolo 14 - Chi nasce tondo non può morire quadrato
Capitolo 15 - Non c'è più ronzio in Europa
Capitolo 16 - La multinazionale siamo noi
Capitolo 17 - Immaginare un futuro
Con piacere ho accolto l'invito a scrivere la prefazione del libro Pesticidi a tavola, perché credo che mai si debba perdere l'occasione di fornire informazioni rigorose su temi che toccano gli aspetti più im-
portanti della nostra vita, a cominciare dalla salute. Purtroppo, quando le informazioni scientifiche, oltre che affidabili e corrette – come in questo caso – sono anche scomode, difficilmente trovano lo spazio che meritano sui media, in quanto spesso si preferisce ignorarle, riportarle parzialmente o in modo tale da ingenerare dubbi nel lettore meno esperto, che di conseguenza non saprà a chi credere e si affiderà a ciò che va per la maggiore, senza la possibilità di valutare l'affidabilità dell'informazione stessa e, soprattutto, di capire se è o meno viziata da conflitti di interesse di qualsivoglia tipo.
Questo libro è quindi importante perché ripercorre in modo puntuale, documentato e avvincente le tappe più significative che hanno segnato, dopo la seconda guerra mondiale, la diffusione della chimica in agricoltura, attraverso quella che è nota come “Rivoluzione verde”. I cambiamenti che, con l'avvento della chimica, sono subentrati non hanno riguardato solamente – come vedremo – elementi basilari quali l'alimentazione e la salute, ma anche qualcosa di apparentemente più effimero, ma certo non meno rilevante, ovvero la bellezza dei nostri paesaggi e delle nostre campagne. Chi, fra i bambini di oggi, potrà ricordare dei campi di grano tempestati dal rosso dei papaveri o dall'azzurro dei fiordalisi, o dei prati pieni di farfalle, api e maggiolini, oppure dei semplici fossati pullulanti di libellule e girini, le cui le rive in primavera erano odorose di viole e, ancora prima, di bucaneve, crochi o scille? Per non parlare delle lucciole, a proposito delle quali – come è ricordato nel libro – Pasolini non ne avrebbe scambiata neppure una sola con l'intera Montedison!
Nel giro di cinquant'anni siamo riusciti a “spegnere” la bellezza, i suoni, i colori delle nostre campagne e in primavera, al posto del verde brillante dell'erba che si risveglia alla vita, ci ritroviamo le strisciate di morte arancio-rossastre del glifosato – utilizzato per diserbare – che uccide, oltre all'erba, tutta la vita del suolo, del sottosuolo e delle stesse api. La profezia di Rachel Carson in Primavera silenziosa, che preannunciava primavere senza più uccelli canori, è ormai una realtà che nessuno può negare, perché non solo sono ormai rari gli uccelli canori, ma anche gli insetti e le rondini che a centinaia volteggiavano nei cieli delle città. Togliere ai bambini l'incanto e la bellezza della vita e dei colori della natura, per farli vivere in un mondo sempre più grigio e uniforme, credo sia un peccato di non poco conto. Questo mondo, tuttavia, non solo ha perso gran parte della sua bellezza, ma è anche sempre più, in ogni sua componente – aria, acqua, suolo – pervaso e intossicato dai pesticidi. I pesticidi sono molecole pensate per alterare, danneggiare e distruggere altre forme di vita (insetti, funghi, microbi, erbe ecc.) ritenute dannose per le colture, che in realtà – anche a dosi estremamente basse e ritenute non tossiche – possono essere invece estremamente pericolose per tutti i viventi, uomo compreso, e in particolare per gli organismi in accrescimento. I pesticidi, insieme ai fertilizzanti chimici, rappresentano l'ossatura basilare dell'agricoltura industriale e il libro ne ricostruisce con dovizia di particolari e interessanti aneddoti l'origine, di cui troppo spesso ci si dimentica.
Si tratta di molecole di ben triste memoria, sintetizzate e utilizzate per scopi bellici. Ad esempio, gli insetticidi organofosforici, ancora oggi ampiamente in uso, derivano da sostanze utilizzate già nel corso della prima guerra mondiale e note come “gas nervini”. Gli organofosforici sono in grado di contrastare la degradazione dell'acetilcolina – neurotrasmettitore fondamentale per la trasmissione nervosa – che, non venendo degradata, si accumula provocando paralisi. Ma gli effetti non sono solo a questo livello: il clorpirifos, il più noto fra gli organofosforici, a dosi che non inibiscono l'aceticolinesterasi e ritenute quindi non tossiche, danneggia lo sviluppo neuronale, nonché quello di glia e mielina, e da studi sperimentali su animali emerge che dei 252 geni coinvolti nel neurosviluppo oltre il 60% risulta alterato da dosi minimali dell'insetticida. Il cervello in via di sviluppo è uno degli organi più suscettibili ai pesticidi, in particolare agli organofosforici, e il drammatico incremento di disturbi cognitivi e neuropsichici nell'infanzia dovrebbe farci riflettere.
Alcuni studi condotti con accurate valutazioni di biomonitoraggio (misurazioni dei metaboliti sulle urine o, alla nascita, sul cordone ombelicale) hanno dimostrato che le donne esposte a pesticidi durante la gravidanza hanno maggiori probabilità di dare alla luce figli meno intelligenti della media, con una diminuzione fino a 7 punti del quoziente intellettivo; addirittura, in un gruppo di bambini con differente esposizione in utero a clorpirifos, la risonanza magnetica nucleare cerebrale, eseguita a 6-7 anni, mostra alterazioni in funzione dei diversi livelli di esposizione. Ma una scia di morte accompagna anche altre sostanze: ad esempio, i due componenti del famigerato Agente Arancio, il defoliante usato durante la guerra del Vietnam, sono oggi impiegati singolarmente, rispettivamente come diserbante e auxina.
Un altro capitolo di particolare interesse riguarda il glifosato, l'erbicida della Monsanto, la discussa multinazionale ora acquisita dalla Bayer e di recente condannata a un risarcimento milionario nei confronti di un malato terminale di linfoma non Hodgkin, correlato proprio all'utilizzo dell'erbicida. Nel libro, si ripercorrono le tante negazioni, incertezze e opacità, che hanno accompagnato il percorso autorizzativo del glifosato, il pesticida più utilizzato al mondo, cruciale nella sintesi di piante geneticamente modificate (OGM) e diventato ormai il simbolo dell'agricoltura industriale. Dietro questa molecola si muovono interessi economici enormi e si stima che essa sia ormai usata con una media di circa 0,5 kg su ogni ettaro coltivato.
A parte le differenti valutazioni sulla sua cancerogenicità fra EFSA e IARC, la storia del glifosato è paradigmatica dell'insipienza umana e dell'inadeguatezza dell'approccio riduzionista che contraddistingue le valutazioni tossicologiche. Il glifosato è un potente inibitore dell'enzima 5-enolpyruvylshikimate-3-phosphate synthase, essenziale per le piante e presente in tutte le specie, a eccezione dei mammiferi: per tale motivo, l'erbicida fu ritenuto innocuo per questi ultimi, uomo compreso. Purtroppo non è così, perché il glifosato, presente ormai in alimenti, bevande e nei nostri stessi corpi, altera gravemente il microbiota, il complesso mondo microbico intestinale con cui viviamo in simbiosi. Il microbiota è essenziale per il buon funzionamento del nostro sistema immunitario, per la sintesi di enzimi e vitamine (in particolare acido folico), per la secrezione di ormoni e per altro ancora, e pensare di poter separare ciò che di male facciamo ai microbi che albergano nel nostro intestino dal male che facciamo a noi stessi è semplicemente folle. Come pure è folle utilizzare più di 130.000 tonnellate di pesticidi ogni anno sui suoli italiani e pensare di poter continuare impunemente a farlo.
Nel libro si ricordano i dati ISPRA sulla contaminazione delle falde acquifere, che è sempre più preoccupante: nel nostro Paese, sono stati rilevati residui di pesticidi nel 67% delle acque superficiali e nel 33,3% di quelle sotterranee; 259 sono i pesticidi ritrovati, e 55 diversi in un unico prelievo. Residui di pesticidi sono presenti in tutte le tipologie di alimenti (a meno che non siano di origine biologica/biodinamica): pane, pasta, carne, latticini e ovviamente frutta e verdura, in cui sono presenti rispettivamente in oltre il 60% e il 30%, molto spesso sotto forma di multiresiduo.
Ci viene detto che questi livelli sono “nei limiti di legge”, ma è facile capire che non possiamo ritenerci rassicurati, considerando i tanti limiti delle valutazioni tossicologiche ricordate nel libro, a cominciare dal fatto che ogni sostanza viene valutata singolarmente, senza tenere conto dell'effetto “cocktail”, ovvero del potenziale effetto sinergico delle miscele. Un recente studio, condotto su cavie alimentate con un cocktail di 6 pesticidi fra i più comunemente presenti nella dieta, ciascuno dei quali a dosi ritenute non tossiche, ha indotto, con risultati nettamente più accentuati nei maschi: steatosi epatica, tendenza all'obesità, intolleranza al glucosio con effetto diabetogeno, alterazione del microbiota intestinale. Questo studio sperimentale si aggiunge alla mole davvero imponente di indagini anche epidemiologiche, che attestano – al di là di ogni dubbio – come l'esposizione “cronica” a pesticidi, ovvero a dosi piccole e ripetute nel tempo, cui tutti ormai siamo esposti, rappresenti un importante fattore di rischio per varie malattie cronico-degenerative: tumori (in particolare, leucemie, linfomi e mielomi), diabete, patologie respiratorie, malattie neurodegenerative e cardiovascolari, disturbi della sfera riproduttiva maschile e femminile, malformazioni, esiti sfavorevoli della gravidanza, disfunzioni metaboliche e ormonali. Tali rischi sono ancora più grandi se l'esposizione avviene durante l'accrescimento, quindi per i bambini, i neonati e soprattutto per gli embrioni e i feti. Oltre ai danni acclarati sul neurosviluppo, cui già si è accennato – e che, secondo stime recenti, per i soli deficit cognitivi da organofosforici comportano annualmente costi in Europa pari a 194 miliardi di euro – è documentato l'aumento di leucemie, linfomi e tumori cerebrali nella prole. Si può affermare, senza tema di smentite, che l'esposizione ai pesticidi si configura come un vero e proprio problema di salute pubblica, con ricadute anche economiche di enorme portata sull'intera società, di cui mai si tiene adeguatamente conto.
In definitiva, il modello dell'agricoltura industriale, ostentato come risolutore di tutti i problemi, a cominciare da quello della fame nel mondo, è ormai riconosciuto del tutto fallimentare – come è stato certificato di recente dalla FAO – e le ragioni sono sotto gli occhi di tutti. Oltre ai danni alla salute sopra illustrati, ancora oggi più di 800 milioni di persone soffrono la fame, 1/3 del cibo prodotto viene sprecato e crescono obesità e sovrappeso. Il cibo è sempre più uniforme e povero di nutrienti, e molto spesso si tratta di cibo “spazzatura” a basso prezzo, che invece di darci salute ci fa ammalare; inoltre questo modello di agricoltura, basato su poche colture, richiede grandi investimenti in termini di risorse energetiche e contribuisce per circa il 25% all'emissione dei gas climalteranti, che sono alla base del riscaldamento globale; la sostanza organica nei suoli è drasticamente diminuita per l'uso di fertilizzanti e pesticidi e avanza la desertificazione, che minaccia ormai il 40% delle terre del pianeta, con tutte le nefaste conseguenze a ciò correlate, comprese le migrazioni. I danni ambientali, dall'inquinamento delle acque alla perdita di biodiversità, sono ormai ampiamente documentati; basti pensare che in un secolo si è perso il 75% della diversità genetica e sono drasticamente diminuiti gli insetti impollinatori e le api. L'intero settore agricolo poi è sotto il controllo di un ristretto numero di multinazionali – concentrate nei Paesi più ricchi e industrializzati – che dettano legge stabilendo cosa deve essere coltivato e come, detengono brevetti di sementi e prodotti chimici per la coltivazione, mentre il prezzo del prodotto finale, delegato a un mercato controllato dai grandi gruppi finanziari, è sottratto a qualsiasi controllo del produttore. Infine, considerazione certo non meno importante, gli agricoltori si sono trasformati in meri esecutori, perdendo tutto il secolare bagaglio di conoscenza e cultura che li legava alla Terra.
Se da un lato questa è l'eredità che il modello agricolo industriale ci lascia, dall'altro un'agricoltura “conservativa” e senza la chimica esiste e si difende molto bene, dato che, anche se solo il 25% della terra arabile a livello globale è a disposizione dei piccoli agricoltori, essi forniscono cibo per il 75% della popolazione mondiale! E proprio una “nuova agricoltura”, che innanzi tutto permetta il recupero della fertilità dei suoli, può essere la chiave di volta per cominciare a risolvere i tanti problemi che ci affliggono. È stato calcolato da Theodor Friedrich, funzionario della FAO, che l'adozione a livello globale di tecniche di “agricoltura conservativa”, in grado di aumentare la componente organica del suolo, potrebbe portare ogni anno, per 30 anni, al sequestro di 3 miliardi di tonnellate di carbonio, l'attuale tasso di crescita annuale della CO2 prodotta dall'uomo; maggiore fertilità del suolo non significa solo contrasto al riscaldamento globale, ma anche maggiore produzione di cibo, minori migrazioni, minori rischi di conflitti per accaparrare risorse naturali: l'agricoltura può essere pertanto un potente strumento di pace!
La strada quindi è tracciata, è ben chiara ed è fortunatamente imboccata dai tanti giovani che stanno tornando alla terra e dando vita a imprese agricole in cui l'uso della chimica è totalmente bandito; così il suolo recupera la sua piena fertilità, grazie alle tecniche agronomiche che ne rispettano la struttura. Fare a meno dei pesticidi si può e conviene, visto che il mercato del biologico/biodinamico è l'unico che registra incrementi a due cifre; è ormai assodato che negli alimenti biologici sono presenti maggiori livelli di polifenoli (dal 19% al 51%) e antiossidanti, meno residui di pesticidi e minori livelli di metalli pesanti, in particolare di cadmio; un'alimentazione biologica diminuisce il rischio di obesità, diabete, allergie e antibiotico-resistenza; in gravidanza, protegge lo sviluppo cerebrale e riduce il rischio di ipospadia (malformazione del tratto urogenitale maschile) e pre-eclampsia (complicanza della fase finale della gravidanza).
Pesticidi a tavola ci offre l'occasione di informarci, di approfondire, di riflettere e, in definitiva, di prendere coscienza del fatto che abbiamo intossicato non solo l'ambiente, ma anche noi stessi, compromettendo la salute nostra e quella dei nostri figli. Ma questo libro ci aiuta anche a capire che si può cambiare e che l'agricoltura può tornare a darci un cibo sano per la nostra salute e per la salute del pianeta, come il manifesto “Food for Health”, presentato di recente da un vasto gruppo di esperti coordinato da Vandana Shiva, dimostra.
Auguriamoci che il cambiamento proceda veloce, prima che il tempo sia definitivamente scaduto.
Patrizia Gentilini*
*Medico oncologo ed ematologo. Ha lavorato per oltre trent'anni nel reparto di oncologia dell'ospedale di Forlì. Ha cominciato a interessarsi fattivamente delle problematiche ambientali più di dieci anni fa, in occasione del raddoppio di potenzialità di due inceneritori a Forlì. Concretamente impegnata nella salvaguardia dell'ambiente e della salute umana, si adopera per ridurre l'esposizione delle popolazioni alle sostanze tossiche e cancerogene. Fa parte della giunta esecutiva nazionale e del comitato tecnico scientifico dell'Associazione Medici per l'Ambiente (ISDE). Tiene un blog su «IlFattoQuotidiano.it».
Pagine: 240, Tipologia: Libro cartaceo,
Editore : Salus Infirmorum, Prezzo 15,00 €
Pagine: 280, Tipologia: Libro cartaceo,
Editore : FrancoAngeli, Prezzo 20,00 €
Pagine: 312, Tipologia: Libro cartaceo,
Editore : Salus Infirmorum, Prezzo 16,06 €
Pagine: 200, Tipologia: Libro cartaceo,
Editore : Macro Edizioni, Prezzo 6,86 €
Scritto da Vincenzo il 12/07/2020