Il parto cesareo

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Il parto cesareo  Ibone Olza Lebrero Martinez Enrique  Il Leone Verde
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Il cesareo è un intervento formidabile per far nascere alcuni bambini con problemi, ma è una tragedia che diventi un modo abituale di nascere.
Michel Odent

Negli ultimi anni alcuni Paesi hanno registrato un allarmante incremento dei parti con taglio cesareo, al punto che per molti costituisce addiritura il modo più frequente di nascere. Senza alcun dubbio questa "cultura" non tiene conto delle conseguenze psicologiche, oltre che fisiche, tanto per la madre quanto per il figlio.

Contro questa tendenza, il presente saggio intende incoraggiare le madri a ritrovare la fiducia nel proprio corpo e recuperare la dignità della nascita. Gli autori si interrogano sui motivi che spingono a praticare tanti cesarei e nello stesso tempo mettono in luce le possibilità che consentono di:

- evitare molti cesarei
- partorire naturalmente dopo un cesareo
- vivere l'esperienza del cesareo nel miglior modo possibile
- favorire l'allattamento dopo un cesareo
- guarire la ferita emotica di un cesareo

Il libro si rivolge sia alle donne e alle famiglie, sia agli operatori sanitari, e a tutti coloro che hanno a che fare con l'evento della nascita


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Il parto cesareo
Solo se indispensabile, sempre con rispetto

Ibone Olza, Lebrero Martinez Enrique



torna suPrefazione di Michel Odent

Il libro di Ibone Olza ed Enrique Lebrero Martínez ci aiuta a capire una svolta senza precedenti nella storia dell’umanità. Fino a un’epoca recente – sebbene tutte le società umane abbiano sempre profondamente sconvolto l’evento del parto – per mettere al mondo un bambino, una donna era obbligata a contare sulla liberazione di un vero e proprio cocktail di “ormoni dell’amore”.
Per varie ragioni, all’alba del XXI secolo non è più così.
Da un lato, il cesareo è diventato un intervento rapido, facile e sicuro.
Dall’altro, l’incapacità culturale di capire la fisiologia del parto ha raggiunto un limite estremo negli ultimi decenni. Per consuetudine, la sfera culturale interferisce con i processi fisiologici attraverso credenze e rituali che si tramandano. Ma, dall’inizio del XX secolo, teorie cosiddette scientifi che hanno preso il posto dei riti. Direttamente o indirettamente, le teorie dei riflessi condizionati di Pavlov hanno fortemente infl uenzato tutti i metodi di nascita naturale. Gli studiosi della scuola di Pavlov (e i loro discepoli occidentali, come Lamaze) hanno trasmesso il concetto che, per ridurre le inibizioni di origine culturale, che rendono il parto difficile e pericoloso, si dovesse per prima cosa “ricondizionare” la donna. Ciò significa prepararla a partorire e insegnarle, in particolare, a respirare e a spingere. Ci si è ulteriormente allontanati dalla nozione di parto come processo involontario.
La partoriente è spesso diventata membro di un’équipe che comprende una guida (un coach) che ha il ruolo di controllare razionalmente il ritmo della respirazione, il modo di spingere, le posizioni ecc. L’errore iniziale è stato quello di non capire che la natura aveva già il sistema per ridurre gli effetti delle inibizioni di tipo culturale: durante il parto, la neocorteccia (la parte razionale del cervello) deve sospendere la propria attività. È quindi meglio evitare di stimolare la neocorteccia di una donna durante il travaglio, soprattutto attraverso il linguaggio.
Inoltre, le esigenze statistiche sono attualmente diverse da quelle di qualche decina d’anni fa.
In un simile contesto non sorprende che in molti Paesi – comprese alcune regioni italiane – il cesareo sia già divenuto un modo abituale di mettere al mondo un bambino. E non stupisce nemmeno che in tutto il mondo la curva del tasso di cesarei sia in crescita. Dobbiamo preoccuparci?
No, se prendiamo in considerazione unicamente gli abituali criteri di valutazione delle pratiche ostetriche (come il tasso di mortalità o di patologie perinatali, il tasso di patologie della madre e il rapporto costo-efficacia).
Così si spiega che certi ambienti medici diano per scontata la prospettiva di un’umanità nata con il cesareo.
Ma non è così per coloro che intuiscono la complessità delle domande che si pongono oggi. E nemmeno per coloro che sono consapevoli dell’importanza dei dati forniti dalle discipline che concorrono a quella che abbiamo definito “la scientificazione dell’amore”. E neppure per coloro che hanno la capacità di pensare a lungo termine e di pensare in termini di civiltà.
Allorché un evento che riguarda la vita di tutti gli esseri umani viene improvvisamente trasformato, bisogna ragionare in termini di civiltà. È questo a fare una sostanziale differenza tra gli umani e gli altri mammiferi. Una femmina (non umana) di mammifero che partorisca con il cesareo non si interessa al proprio neonato (ad esempio, un piccolo di scimmia nato con il cesareo sopravvive solo se accudito da esseri umani): nei mammiferi non umani che partoriscono in modo non naturale si registrano conseguenze incredibili e facilmente identificabili a livello individuale.
Invece, milioni di donne si prendono cura del proprio bambino dopo un cesareo. Non bisogna preoccuparsi per un bambino che debba la vita al cesareo. Tutto è più complesso nella nostra specie, perché noi abbiamo il linguaggio e creiamo àmbiti culturali. Pertanto è comprensibile che in certe situazioni, e specialmente nel periodo perinatale, i comportamenti umani siano meno infl uenzati dagli ormoni liberati dalla madre e dal bambino che da fattori culturali. Ad esempio, una donna sa quando è incinta e può assumere da subito un comportamento materno, mentre una femmina di scimmia deve aspettare il giorno in cui libererà un fiotto di ormoni dell’amore per interessarsi del suo piccolo. Ciò non vuol dire che non abbiamo nulla da imparare da una scimmia. Essa, infatti, ci suggerisce le domande che dobbiamo porci circa la nostra specie: quando si tratta di umani, bisogna sempre aggiungere la parola ‘civiltà’ alle domande.
Possiamo quindi concludere dicendo che, se la scimmia non si interessa del suo piccolo dopo un parto cesareo, la domanda da porsi è: “quale sarà il futuro di un’umanità nata con il cesareo?” Formuliamo la domanda in modo ancora più esplicito: “come si evolverà il genere umano quando gli ormoni dell’amore saranno diventati inutili?


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Ibone Olza, Lebrero Martinez Enrique



torna suPrefazione di Casilda Rodrigáñez Bustos

Credo che noi donne stiamo cominciando a prendere in mano la responsabilità della nostra maternità. Non c’è da meravigliarsene, trattandosi di una tappa molto importante della nostra vita sessuale nonché di uno degli eventi emotivi e intimi più importanti della nostra esistenza, che spesso ci “cambia la vita”, ci sorprende e ci sconvolge in modo apparentemente incomprensibile.
Vogliamo recuperare la saggezza ancestrale e la capacità del nostro corpo di partorire e di allevare le nostre creature, e vogliamo inoltre stabilire un dialogo con la medicina. Questo libro ne è un valido esempio. Da un lato la medicina, con tutti i suoi progressi, offre grandi possibilità per consentire una buona nascita. Ma dall’altro tali progressi sono stati raggiunti senza tener conto del fatto che nascere e partorire sono un atto che appartiene alla sfera della sessualità e dell’intimità di due persone.
La medicina si è concentrata su come ottenere un parto e una nascita i più sicuri possibili, ignorando tuttavia tutto ciò che entra in gioco nella sfera emotiva e psichica della madre, del bambino e fra entrambi questi soggetti. Questo è stato il grande errore, poiché la fi siologia del parto dipende dallo stato emotivo della madre. Si perde quindi la prospettiva dell’autoregolazione del processo del parto, nel quale l’aspetto psicologico, quello sessuale e quello fisiologico vanno di pari passo e si interviene sulla disfunzione del processo aggravandola invece di tentare di ristabilirla.
La medicina dovrebbe intervenire solo in presenza di parti problematici, non come norma protocollare, e in tal caso sempre con l’obiettivo di tentare con tutti i mezzi di ristabilire il processo naturale fisiologico, il che significa considerazione e rispetto per quella stretta unione fra la sfera emotiva, quella psicologica e quella fisiologica del corpo della donna; in altre parole, rispetto verso l’integrità e l’intimità della donna.
Come si riferisce in questo libro, i progressi della chirurgia del parto cesareo offrono apparentemente un modo sicuro e rapido per nascere. Questo, che avrebbe potuto essere un magnifico risultato per i parti veramente a rischio o impossibili come quelli che presentano una placenta previa, si è convertito in una motivazione per ridurre ancora di più le possibilità di parto fisiologico e di recupero della capacità del nostro corpo di partorire.
Credo che l’abuso e il modo irrispettoso (che solitamente vanno di pari passo) del cesareo come apice della medicalizzazione normalizzata della maternità, abbia messo noi donne davanti a un bivio ineludibile di fronte al quale non possiamo rimanere impassibili. È come la goccia che fa traboccare il vaso. Perché il fenomeno dell’abuso generalizzato del cesareo mette in questione la medicalizzazione normalizzata della maternità che l’ha generata.
Se ci pensiamo bene, il cesareo comincia quando la donna va dal ginecologo al primo controllo prenatale e pone la sua stessa maternità sotto la direzione medica. È proprio nel momento in cui la fiducia nel proprio corpo si trasferisce nelle mani della medicina che inizia il cesareo. Sono convinta che siamo in un momento di recupero della maternità e questo richiede la creazione di una cultura nuova della maternità, la quale sappia riconoscere che la “direzione” del processo di maternità viene condotta dal corpo stesso: il corpo inteso non come contenitore asettico, bensì come unità psicosomatica, in cui l’aspetto fisiologico, quello sessuale e quello emotivo della donna sono un tutt’uno.
I nostri corpi sanno partorire e l’utero si può aprire dolcemente e lentamente, senza crampi, come dice Leboyer. La medicina, per sapere stare al suo posto, per conoscere il luogo che le spetta nella maternità, dovrebbe dare la mano alla sessuologia e in questo modo comprendere che cosa sia un parto, come funziona la sua fisiologia, da cosa dipende che trovi il proprio ritmo e che il processo si sviluppi in modo piacevole, dolce:
Invece di contrarsi “in blocco e brutalmente”,
l’utero lo fa lentamente, progressivamente e quasi con dolcezza.
Quando la contrazione arriva al suo punto limite,
osserviamo come, dopo una pausa che, benché breve,
è pur sempre ben nitida, l’utero si rilassa
e lo fa con la stessa estrema lentezza, la stessa progressività,
con una nuova pausa in totale riposo.
Questa lentezza, paragonabile solamente ai movimenti
volutamente lenti del tai-chi-chuan, fa sì
che le contrazioni, viste nel loro complesso, assomiglino alla respirazione
lenta, profonda e completamente serena di un bambino
che dorme e gode di un riposo senza pari.


I primi piani che mostrano il ventre della donna,
non danno adito a dubbi circa la realtà di queste contrazioni.
A loro volta, i primi piani del suo viso
mentre avanza nel travaglio,
esprimono con eloquenza che
questa giovane donna, invece di “contorcersi per il dolore”
avanza lentamente verso l’“estasi”.


La modalità di dilatazione dell’utero di cui ci parla Leboyer, apre un cammino di speranza alle donne e rappresenta al tempo stesso una sfida per tutti gli addetti ai lavori che operano nell’ambito della maternità.
In questo cammino di recupero della maternità, abbiamo ancora davanti molti, moltissimi cesarei. Per questa ragione questo libro è indispensabile:
1) per sapere cosa sia un cesareo,
2) per sapere quando è giustificato e quando no,
3) per cambiare medico in tempo se le sue spiegazioni non ci convincono,
4) affinché, se ci troviamo davanti ad un cesareo giustificato e necessario, sappiamo che può essere effettuato rispettando gli aspetti più importanti per noi e per il nostro bambino: l’incontro, il momento dell’imprinting, l’inizio di un rapporto una volta che la creatura è uscita dal nostro ventre.

Come si espone in questo libro, quando si esegue un cesareo rispettoso, l’imprinting e lo stato di beatitudine della madre e del suo bambino possono avvenire in modo uguale o quasi uguale che in un parto vaginale. Questo è il messaggio cruciale e pieno di speranza per le donne che debbono sottoporsi in futuro a un cesareo. È indispensabile che tutte le donne sappiano che il cesareo rispettoso è possibile: è solo necessario riconoscere che la nascita è un atto che appartiene alla sfera della sessualità e della vita intima di due esseri.
Questo libro contiene delle informazioni che, visto lo stato attuale delle cose, considero imprescindibili per le donne che desiderino rimanere incinte o che già lo sono. Perché chiunque si reca a partorire in un ospedale o in una clinica, può incorrere in un cesareo e ciò che è in gioco è troppo importante per la vita di una donna e del suo bambino da poter essere trascurato. Fino ad ora il vuoto informativo si stava colmando nei forum Internet (www.elistas.net/lista/apoyocesareas, www.elistas.net/lista/elpartoesnuestro, ecc.) ma siamo ancora in molte a non avere assimilato questo mezzo fra le nostre fonti di informazione. Inoltre questo libro offre un compendio ordinato e scientificamente sostenuto e, fatto di estrema importanza, è allo stesso tempo accessibile a qualsiasi livello di conoscenza delle donne.
Grazie Ibone e grazie Enrique; prima di tutto per il libro, perché avete creato uno strumento di aiuto per le donne, uno strumento di una necessità impellente. E poiché ho l’onore (che è perfettamente attinente e che considero una prova di amicizia) di scrivere il prologo di questo stesso libro, voglio ringraziarvi a nome di tutte le donne che questo libro salverà dal disastro: grazie per questo sforzo a tutti i livelli: di ricerca, di raccolta di dati, di tempo e, soprattutto, di onestà e di sensibilità etica, cose che, sfortunatamente, scarseggiano nel nostro mondo. Sicuramente avete investito il vostro sforzo in quanto di più importante, grande e gratificante ci sia a questo mondo: la nascita senza violenza, il recupero della maternità.


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Ibone Olza, Lebrero Martinez Enrique






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