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Con I Grandi Numeri Celesti il noto astrofisico Massimo Teodorani propone un nuovo ed entusiasmante viaggio, dove il lettore viene proiettato negli sconfinati spazi di ciò che lo circonda, partendo dal confronto con i numeri della realtà quotidiana. Distanze, tempi, velocità, masse, temperature, potenze luminose, energie e campi magnetici sono analizzati da una nuova prospettiva, che aiuta il lettore a sentirsi parte dell’universo, a sentirlo sulla propria pelle.
Nel libro I Grandi Numeri Celesti si parte dai numeri che caratterizzano la distanza Terra-Luna per arrivare alle grandi distanze cosmologiche.
Si comparano le dimensioni degli oggetti celesti con quelle degli oggetti conosciuti della fisica atomica, nucleare e subnucleare (come atomi, elettroni, quark, ecc…), portando il lettore dalle immense scale spaziali e temporali della macrofisica (astronomia e astrofisica) alle minutissime scale dell’infinitamente piccolo.
E si finisce con un grande salto nel regno quantico dove tutto – grazie all’affascinante magia dell’entanglement – si ricongiunge a un’unica entità immanente, invisibile e al di là del tempo e dello spazio, che non risponde a forze meccaniche, termodinamiche o elettromagnetiche, ma ad un “campo di forma” nel quale l’infinitamente grande e l’infinitamente piccolo si fondono.
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QUANTO GRANDE È L’UNIVERSO?
Prendiamo in mano una mela e osserviamola attentamente. Inizialmente facendo un paragone con le dimensioni del nostro corpo inevitabilmente giungiamo alla conclusione che si tratti di un oggetto relativamente piccolo e con un peso limitato, che la nostra mano riesce agevolmente a sorreggere. Ma se entriamo dentro agli atomi che costituiscono la mela, ci accorgiamo che in realtà questo frutto contiene al suo interno un universo intero. Immaginiamo allora quanti atomi si trovano all’interno della mela e soprattutto che dimensioni sconfinate essa assumerebbe in rapporto all’universo atomico: essa è infatti almeno 100 milioni di volte più grande di ciascun atomo che la costituisce. Un po’ come la Terra stessa è circa 500 milioni di volte più grande della mela, il che è come dire che un atomo sta alla mela come la mela sta al pianeta Terra o poco più.
A prescindere dal fatto che la Terra è molto più grande della mela, quando reggiamo una mela noi sorreggiamo una vera e propria galassia di atomi! Se supponessimo di ingrandire la mela fino a farle assumere le dimensioni del nostro pianeta, allora gli atomi che la compongono non sarebbero più grandi di una nocciolina. Dunque con una mano riusciamo a reggere interi universi! Ma si tratta di universi che il nostro essere non percepisce, perché esistono così dentro la mela come dentro di noi. Ciò su cui si posa il nostro sguardo è solo un Universo infinitamente più grande di noi, dove siamo noi a fare la parte della nocciolina in uno spazio incommensurabilmente sconfinato. È proprio su questo spazio sconfinato che intendiamo concentrare adesso l’attenzione. E intendiamo farlo attraverso delle proporzioni che illustrino quanto è realmente grande l’Universo, rapportato alle nostre dimensioni, e quanta energia esso emetta. Il lettore può solamente rendersi conto di tutto questo conoscendo le dimensioni reali delle varie quantità fisiche che compongono e caratterizzano l’Universo. Ma per riuscire a “sentire” queste dimensioni, è inevitabilmente necessario fare anche delle proporzioni con le dimensioni conosciute della nostra realtà consueta.
1.1. Lo spazio relativizzato delle dimensioni e delle distanze
Posizioniamoci adesso nella città in cui abitiamo. Ci troviamo sul prato verdeggiante di un parco e vediamo a distanza il campanile della cattedrale. Sarà distante sì e no 2 chilometri. Ci sembra lontano e quasi irraggiungibile, a meno che non ci mettiamo a passeggio, e infatti poi raggiungiamo la cattedrale in 20 minuti di camminata spedita. Poi ritorniamo al punto da cui eravamo partiti. Riflettiamo un po’ e ci accorgiamo che siamo un pochino stanchi; d’altra parte fare una camminata, anche se così breve, costa sempre un po’ di energia spesa in calorie. Se volessimo renderci conto fisicamente di distanze ancora maggiori, potremmo magari imbarcarci nell’impresa di arrivare a piedi alla città più importante della nostra regione. Occorre percorrere 80 chilometri per raggiungerla, e magari in 20 ore di camminata intercalata da intervalli di riposo, potremmo arrivarci abbastanza agevolmente a prezzo di una grande fatica. Gli antichi misuravano le distanze in passi, e solo in questo modo riuscivano a rendersi conto delle grandi distanze.
Ma noi oggi abbiamo i mezzi della telemetria radar o Laser, quelli geodetici che ci permettono di effettuare delle triangolazioni e gli strumenti dell’astronomia, che ci permettono di stimare anche le distanze più sconfinate partendo dal nostro pianeta per arrivare ai confini dell’universo conosciuto. Non c’è bisogno di camminare per conoscere quanto è grande l’Universo, basta solo fare appello alla scienza esatta e alle nostre capacità di calcolo, che esplichiamo quando abbiamo in mano i dati che riusciamo ad acquisire con i nostri strumenti.
Fisicamente, al massimo noi riusciamo a spostarci nello spazio circumterrestre per raggiungere le stazioni spaziali; quasi 40 anni fa siamo riusciti ad arrivare fino alla Luna, mentre le nostre sonde automatiche sono riuscite ad arrivare fino a oltre il pianeta Nettuno. Forse in futuro riusciremo a spostarci verso altre stelle, ma oggi non ne siamo ancora capaci perché non disponiamo ancora di metodi di propulsione sufficientemente rapidi. Però disponiamo di strumenti che ci permettono di determinare le distanze standocene tranquillamente seduti davanti allo schermo di un computer, mentre un potente telescopio scandaglia il cielo.
Rimanendo sulla nostra Terra, ad esempio, riusciamo a determinare la distanza di un aereo o di una nave dall’onda di rimbalzo di un radar. E magari riusciamo a stabilire che un aereo che ancora i nostri occhi non vedono si trova a 200 chilometri di distanza da noi e si sta gradualmente avvicinando a noi. Una distanza così ci sembra enorme, ma è solo 200 volte più piccola dell’intera circonferenza terrestre, mentre se decidessimo di raggiungere il centro della Terra dovremmo percorrere uno spazio 30 volte più grande della distanza dell’aereo. È come se un microbo dovesse percorrere lo spazio di nemmeno mezzo chilometro, o un atomo dovesse muoversi nello spazio di mezzo millimetro.
Come si può facilmente constatare le distanze sono completamente relativizzate alle dimensioni degli oggetti che le percorrono. Ma, come vedremo, paragonati alle distanze che caratterizzano il cosmo noi siamo meno che atomi. Eppure, una volta stabilite le dovute proporzioni, riusciamo a intuire che se noi non fossimo uomini alti mediamente 180 centimetri ma galassie del diametro di 100.000 anni luce, percorrere 3 milioni di anni luce sarebbe esattamente come fare un giro attorno al nostro cortile, mentre percorrere 4 miliardi di anni luce sarebbe come camminare per tutta la circonferenza terrestre, percorrere 14 miliardi di anni luce sarebbe come trasferirci dalla Terra alla Luna.
Vediamo allora che una galassia, che è un agglomerato contenente un numero spropositato di stelle, se la si considerasse un essere vivente come lo siamo noi, si limiterebbe a fare, in proporzione, un giretto che la porta all’orizzonte ultimo conosciuto dell’Universo, che in proporzione è lungo quanto ci metteremmo noi ad arrivare sul nostro satellite.
Allora, che cosa è realmente “sconfinato”, e in rapporto a cosa? Se le galassie fossero esseri viventi e avessero intelligenza e coscienza, direbbero soltanto che l’Universo in cui esse vivono è decisamente angusto, un po’ come se il nostro Universo si riducesse alla distanza Terra-Luna.
Mentre invece se l’Universo stesso fosse intelligente e cosciente, si troverebbe a vivere nel suo stesso bozzolo, senza potersi muovere in alcun modo, a meno che lo spazio che lo contiene non sia a sua volta sconfinato, al punto da contenere tantissimi altri universi.
L’Universo conosciuto – quello che noi studiamo con i telescopi – è sconfinato solo per noi, perché questa impressione va rapportata alle dimensioni dei nostri corpi. Allo stesso modo noi siamo un universo sconfinato per ipotetiche creature delle dimensioni di un atomo, le quali magari ci considererebbero strutture simili a galassie: e infatti le dimensioni del nostro corpo sono circa 10 miliardi di volte più grandi del loro, mentre il nostro corpo è solo 6 milioni di volte più piccolo del diametro della Terra. Anche con queste proporzioni possiamo facilmente vedere che il termine di “grande” o “piccolo” è assolutamente un concetto relativo. Qualcosa può essere definito come grande (una distanza o una dimensione) solo in rapporto a qualcos’altro. Diciamo che noi riteniamo l’universo come qualcosa di grande perché ne abbiamo coscienza standocene ben piantati in un corpo alto 180 cm, e crediamo di essere le uniche creature a possedere l’intelligenza, ma se l’intelligenza vera fosse una caratteristica di corpi celesti giganteschi come le stelle o le galassie, allora noi saremmo solo insignificanti creature microbiche, e tutte le dimensioni e le distanze andrebbero rapportate a chi le misura con cognizione di causa.
Non potremo mai dimostrare che le galassie o l’Universo sono creature intelligenti, mentre sappiamo che noi e forse tante altre creature più o meno delle nostre dimensioni nell’universo lo siamo, e allora ci avvaliamo come standard del famoso modello Vitruviano di Leonardo che vede l’uomo un po’ a metà tra un microcosmo e un macrocosmo. Accettato per ora questo fatto, allora per noi l’universo è effettivamente molto grande.
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Scritto da Vincenzo il 12/07/2020