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A partire dall’800 la medicina ha aderito al modello delle scienze fisico-matematiche «esatte» tanto che oggi si considera quasi degradante considerarla come un’«arte». La tesi del libro è che, al contrario, la concezione della medicina come scienza «oggettiva» è gravemente riduttiva. La medicina ruota attorno a qualcosa che non esiste nelle scienze esatte: la pratica clinica. L’analisi storica ed epistemologica mostra la natura specifica dei concetti di normalità e di patologia e la loro irriducibilità a un approccio oggettivistico.
Una medicina puramente scientifica rischia di sostituire l’idea di «cura» con quella di «riparazione». Restringendosi a un approccio meramente analitico in cui la clinica non ha più alcun ruolo, il medico rischia di non ascoltare più il paziente e la sua richiesta di soccorso e di trattarlo come una macchina guasta. Se una medicina ispirata a valori umanistici non deve assoggettarsi ai precetti di un oggettivismo di tipo fisico-matematico, ancor meno deve assoggettarsi al paradigma pan-genetico in cui la patologia è ridotta a un «errore» di programmazione dell’organismo.
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Scritto da Isabella il 07/04/2022