Questo modello di sviluppo ha trascinato il mondo in una crisi di cui non si vedela fine: è arrivato il momento di “fare da soli”.
L’ultima riflessione di Francesco Gesualdi riavvolge il nastro, per rileggere prima in modo magistrale la genesi della crisi e per proporre poi una nuova strada: la fondazione di un’economia “pubblica”, per tutti e non per pochi, locale e sostenibile - indipendente dai sussulti dell’economia globale - che abbandoni il mito della “crescita” e riconverta produzione e consumi.
Ma come fare? La pietra angolare di questa “economia del paradiso” è il lavoro di comunità, in cui ciascuno lavori non solo per sé ma per il benessere comune e abbia garantiti servizi gratuiti, dall’istruzione alla salute. Per sostituire al denaro la coesione sociale, che non si può giocare in borsa.
Scrive Gesualdi: “Il lavoro è la risorsa più abbondante che abbiamo, la fonte originaria di ogni ricchezza. Non utilizzare il lavoro diretto dei cittadini è come morire di sete accanto a un pozzo. Se tutti mettessero a disposizione della comunità anche solo poche ore a settimana potremmo soddisfare qualsiasi bisogno sociale, produttivo o ambientale, senza dipendere dalla crescita dell’economia generale”.
Scritto da Vincenzo il 12/07/2020