I molteplici rapporti sul volontariato rilanciano l’immagine di un fenomeno collettivo per molti versi indefinibile, a causa della sua natura “spontanea” e insieme “ordinaria”, marcatamente “interstiziale” eppure intimamente connessa alle “vite di corsa” di cui parla Bauman. La stessa definizione del volontariato rimane dunque aperta, perché è la pratica stessa del volontariato ad essere sorprendente e fuori dagli schemi. Alla base vi è tuttavia una convergenza nel cogliere il volontariato come la situazione di una persona che compie un’attività gratuitamente e senza esservi obbligata.
Gratuità e assenza di obbligo sarebbero cosí i due assi portanti di un agire che va a iscriversi nella logica del volontariato. Gratuità e assenza di obbligo sanciscono la sua definitiva impossibilità di venire catturato e irreggimentato dentro un qualunque recinto ideologico.
Il volontariato apre un’altra logica: quella della generazione dell’incontro sociale, dell’amicizia sociale in nome di un’etica civile al cui fondamento sta l’uguale dignità dei volti. Il volontariato non deve diventare né una sorta di prolungamento implicito dello Stato, né una strana copia della logica mercatista. La sua vocazione è quella di stare in mezzo là dove si possono incontrare le persone con libertà, con gratuità, in vista del bene civile che si incarna nella fiducia, nella solidarietà, nella condivisione e nel riscatto del piú fragile. È questo bene civile che oggi fa la differenza nelle nostre vicende ordinarie; e il volontario è sempre e solo l’umile artefice di questo bene indispensabile a una vita umanamente riconosciuta.
Lorenzo Biagi, Direttore Rivista “Etica per le professioni”
Scritto da giorgio il 02/02/2022