La bioetica alla ricerca della persona negli stati di confine

Anche in Italia buona parte del dibattito bioetico si concentra sulle esperienze che riguardano le estremità della vita dell’ uomo: «esperienze limite», «stati di confine». Sono questi gli ambiti dove le determinazioni personali sono più labili, o perché le potenzialità del soggetto non sono ancora espresse a livello personale o perché, invece di tendere a realizzarsi come persona, il soggetto rischia di ricadere al semplice stato di materiale biologico. Sono questi gli ambiti dove la «ricerca» della persona è messa maggiormente alla prova.
Che cos’è la persona? Chi è persona? Può darsi che non siano le uniche domande decisive, ma in ogni caso con esse viene individuato un argomento teoricamente nevralgico per affrontare alcuni gravi problemi della bioetica (non tutti, certamente). Con ciò non si può pretendere di sostenere o di ipotizzare che il concetto di persona vada posto a fondamento della bioetica, ma semplicemente che il riconoscimento o la negazione a qualcuno dell’ essere persona è spesso di cruciale importanza per decidere come trattarlo. E’ fuor di dubbio infatti  che l’ essere riconosciuti come persone comporta - sia sul piano morale che sul piano giuridico - una  titolarità senza pari.
Questo volume non solo pone al centro dell’ interesse l’ essere persona, ma anche focalizza l’attenzione sugli stati di confine della vita, dove più problematico è il riconoscimento della persona. E questo per almeno due precise ragioni.
La prima ragione è che la discussione sugli stati di confine ha un valore paradigmatico per la nostra comprensione dell’ uomo e quindi per il nostro orientamento etico generale.
La seconda ragione è l’ intento di vagliare la tenuta del personalismo (e di scorcio anche quella di alcune influenti dottrine bioetiche alternative) al paragone di alcune situazioni che suscitano difficoltà non solo morali-pratiche (come devo trattare quest’ essere?), ma anche squisitamente concettuali (che essere è questo?).